giovedì 31 gennaio 2013

Paradossi sociali

Quando si tratta di pagare le tasse nessuno lo fa con animo sereno, eppure le tasse servono, come dice uno spot del governo, per avere più scuole, ospedali, servizi e così via. C'è una specie di risentimento che nasce spontaneo anche quando sono giuste ed eque mentre non c'è quando si acquistano biglietti della lotteria, si fanno scommesse o si contribuisce per opere di solidarietà. Eppure il denaro versato con le tasse migliora la vita di tutti (a cominciare da chi lo amministra: politici e funzionari) mentre quello speso per giochi e lotterie è puramente una finzione o sogno di un auspicabile benessere: qualcosa di impalpabile che non ritorna al cittadino in altra forma.
In ogni caso è sempre difficile applicare e capire quale sia una tassazione giusta. Facciamolo con ipotetici esempi ragionando per assurdo con dei paradossi.
Un tizio che non ha redditi e vive in una casa popolare assegnatagli dal comune in quanto disoccupato, gira con un'auto Mercedes e ha la casa piena di quadri, mobili d'antiquariato e sculture; ma non risultando redditi rientra di diritto tra le categorie sociali considerate povere. Troppo facile sarebbe chiedergli dove trova le somme sufficienti da dedicare all'arte, oltre alle difficoltà burocratiche (chi ha titolo nel porre domande: un magistrato o un pubblico ufficiale?; esiste una norma che autorizza ciò?) il soggetto potrebbe rispondere che sono regali o eredità. In effetti io ricordo di aver visto a casa di un ex sindacalista tante di quelle opere artistiche e oggetti di valore, avuti in dono, da dare l'impressione di essere in un negozio d'arte.
Se un benestante si compra una barca di quattro metri pagherà 100 la barca più 10 di iva, se la barca sarà di dieci metri pagherà 250 + 25 con l'iva al dieci per cento, ma con una iva progressiva e rapportata al valore di quanto acquistato pagherà trenta di iva, e così sempre di più in base al costo del bene.
In effetti l'imposta sul valore aggiunto, a prima vista, sembrerebbe la soluzione: non si pagherebbero più imposte personali sul reddito (dichiarato e certificato) ma sui beni e servizi che, come tali, sono più facili da individuare specialmente alla fonte.
Però, c'è sempre un però, chi riterrà l'iva troppo alta potrebbe decidere di trasferirsi all'estero, in quei paesi ove si paga di meno, come oggi già avviene con la tassa sulle persone fisiche (vedasi Sofia Loren, Mina, i coniugi Rita Pavone e Teddy Reno, in compagnia di una folta schiera di industriali). Basterebbe mettere l'iva progressiva sui beni di lusso un punto in meno della media europea anche ci sarebbe sempre qualcuno che se ne andrebbe dall'Italia o che non comprerebbe i prodotti italiani. Infatti il nodo dell'iva (come dell'irpef) consiste nel tenerla sotto la soglia della convenienza all'acquisto: vendere barche, gioielli, alta moda o altri prodotti vuol dire mantenere l'occupazione in quel settore lavorativo, difendendone inoltre l'italianità; così come dicono i fabbricanti italiani di armi che vendono all'estero e allo Stato.
Un fisco proporzionalmente equo non è sinonimo di invidia sociale ma di un Paese culturalmente moderno.

mercoledì 30 gennaio 2013

Tecniche di reporting


Nelle mattinate dal 12 al 15 febbraio, con orario 9,30-14,30, Mascia Ferri svolgerà presso la facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma in via Salaria 113 un corso di Tecniche di reporting per la ricerca empirica: lavorare in Multitasking per la costruzione dell'apparato grafico-tabellare (con l'uso di Excel, Word, Power Point). La Ferri è una ricercatrice presso la facoltà, specializzata nella rilevazione dell'opinione pubblica e autrice, fra l'altro, dei libri Come si forma l'opinione pubblica e Le donne di Rousseau. E' stata anche relatrice al seminario di demodoxalogia svoltosi a Soriano del Cimino (Viterbo).
L'accesso al corso è gratuito per gli studenti dei corsi di laurea, dei dottorati e dei master del Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale e dei dipartimenti convenzionati. Le iscrizioni ai corsi si chiuderanno una settimana prima dell'avvio delle lezioni. Per le modalità di iscrizione consultare la pagina http://www.coris.uniroma1.it/testo.asp?id=5559

martedì 29 gennaio 2013

Siamo matti?

Potrebbe essere una barzelletta ma è accaduto realmente: un'assistente sociale era solita accompagnare ai giardini pubblici i suoi assistiti mentalmente minorati, per favorirne l'integrazione sociale. A tale scopo, pur sorvegliandoli da lontano, li lasciava liberi per il parco. Un giorno si accorse che una sua assistita, seduta su una panchina, aveva avuto una lunga conversazione con un giovane di passaggio; alla domanda di cosa si fossero detti la ragazza rispose che il giovane le aveva tra l'altro proposto di andare a prendere un caffè. "E tu cosa hai risposto?" chiese l'assistente sociale. "Ho rifiutato, sono matta ma mica scema", fu la risposta.
Crediamo che molti italiani questa frase se la pongano ogni giorno.

I guai del Monte dei paschi di Siena iniziarono con l'acquisto della banca Antonveneta per quasi dieci miliardi di euro, rilevandola dalla banca spagnola Santander che l'aveva pagata sei miliardi quando la valutazione degli esperti si aggirava sui tre miliardi; tutto nel giro di un anno! Sembrerebbe la storia del cerino che brucia l'ultimo che lo prende in mano. Il Monte che cercava di espandersi con filiali in tutta Italia per consolidare la sua posizione tra i grandi gruppi bancari si era così sobbarcato l'onere di riportare nel Paese l'Antonveneta nella logica di salvare le aziende italiane. Fu una ventata di italianità pagata a caro prezzo. Al governo c'era Romano Prodi con i ministri Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani mentre Walter Veltroni era segretario del partito. La Fondazione che controllava e controlla il MpS è nelle mani del comune e della provincia di Siena amministrati dalla sinistra ex Pci, poi Ds, ecc. La Fondazione nomina i dirigenti della banca: quindi o nomina degli incapaci o li nomina secondo criteri politici (in ogni caso personaggi non all'altezza di amministrare una banca che si poneva dei grandi traguardi). Possibile che partito e governo non sapessero nulla?
Non siamo mica scemi!

La Banca d'Italia  è deputata a controllare le banche che operano in Italia, rilasciando permessi per acquisizioni, espansioni territoriali, bilanci, ecc. Nel consiglio d'amministrazione della banca d'Italia ci sono i rappresentanti di tutti i maggiori istituti di credito operanti nel paese. Non sono mica scemi (loro)!

Fabrizio Corona, un eclettico personaggio che spazia dalla piccola imprenditoria al riciclaggio, dal mondo della moda e dei vip al ricatto, e quanto altro, avendo saputo che il Tribunale lo aveva condannato a cinque anni di carcere si è allontanato da Milano per "andarsi a costituire" (secondo quanto da lui dichiarato) in Portogallo. Ma non era più comodo andare al più vicino commissariato? O siamo scemi!

Partiti e sindacati hanno le loro ricette per il welfare, lo sviluppo, la salvaguardia delle aziende in crisi; inoltre sono per la riduzione dell'Imu sulla prima casa e sulle altre tasse e imposte. Tutti programmi che richiedono il ricorso alle casse pubbliche, cronicamente vuote. Dove prendere i denari necessari? Dal ricavo che verrà incrementando i controlli sull'evasione contributiva, è la risposta. Come a dire: ti compro il gelato se per terra trovo la somma necessaria. Ipotesi, facili da enunciare ma di difficoltosa attuazione se non si svolta completamente con riforme realistiche e non demagogiche; gli evasori non sono scemi, infatti loro trovano sempre mille modi per non pagare mentre ai contribuenti onesti viene accollata la somma non versata dai disonesti. Sorge un dubbio: che gli scemi siano gli onesti? 

lunedì 28 gennaio 2013

Il Monte dei Paschi

Il Monte dei Paschi di Siena cominciò ad operare nel maggio del 1472 in una sede assegnatagli dal comune come primo istituto di prestiti su pegni per sostituirsi agli ebrei che allora praticavano "l'esercizio del prestito su pegno, detto allora comunemente ad usura". Mentre nel secolo XV la creazione di istituti consimili era patrocinata, specie in Toscana, dai frati minori francescani la nascita del Monte Pio e quella del Monte dei Paschi fu una spontanea iniziativa del comune di Siena. L'immagine riproduce la copertina del "compendio di notizie storiche e statistiche (1472-1912)" a cura di N. Mengozzi (430 pagine, 70 illustrazioni).
Da allora e con alterne vicende, dovute prima al fascismo e poi alla statalizzazione delle banche, il Monte fu sotto il controllo del comune. Nell'ultimo dopoguerra le banche in Italia furono gestite con una preponderanza di amministratori nominati dalla politica e in particolare dalla Dc, qualcuna di essa fallì e fu inglobata in quelle che si salvarono ma il Monte dei Paschi riuscì a crescere e a consolidarsi in tutto il resto della penisola sotto il controllo della Fondazione del Monte con il 51% delle quote in mano alla provincia e al comune di Siena. Quote scese da poco tempo al 30%. Ed essendo il comune amministrato da una giunta rossa (prima Pci, poi Pds, quindi Pd) la banca è stata sempre collocata politicamente come banca del partito comunista. Fin qui la storia.
Veniamo alla cronaca: il MpS ha rilevato per nove miliardi di euro la banca Antonveneta dalla banca spagnola Santander che l'aveva acquistata a sei miliardi di euro, quindi con un prezzo maggiorato nel giro di meno di un anno, in conseguenza di ciò il Monte dei Paschi si vide costretto a negoziare un debito con una banca giapponese nascondendolo con un'abile operazione nei cosiddetti derivati (che tanto sconquasso hanno portato alle banche e all'economia, per non citare i risparmiatori). In pratica acquistò con il prestito giapponese buoni del tesoro per un importo superiore a due volte e mezzo il capitale della banca, cedendoli in cambio del prestito; oltre ad altre operazioni discutibili. Un successivo inusuale e strano prestito di 2 miliardi di euro e 1,9 di rimborsi concesso dal governo di Mario Monti al Monte (e non anche ad altri istituti di credito) è servito per ripianare il buco della banca, fatto in nome dell'italianità delle banche per sottrarle dalle influenze esterne (come avvenuto con l'Alitalia). Ora la Banca d'Italia, deputata a vigilare sulle banche, ha avviato una indagine che ha fatto scoprire l'arteficio contabile, allarmare i correntisti e far crollare il titolo in borsa. Una buco come nella Parmalat ha detto all'assemblea dei soci Beppe Grillo.
Che i bilanci economici delle banche, come quelli delle aziende, non siano veritieri è cosa risaputa. Si racconta che un direttore di un'azienda romana, negli anni '60 dello scorso secolo, sosteneva che l'azienda aveva tre bilanci: uno per gli azionisti, uno per il consiglio d'amministrazione e l'altro che conoscevano solo il presidente e il direttore; lasciamo a voi indovinare quale era il bilancio reale.
Sorge un dubbio: se Monti non avesse avuto bisogno dei voti del Pd avrebbe dato ugualmente il finanziamento alla Banca? Nessuno del Pd ha chiesto o mercanteggiato il prestito? Se alla guida del governo ci fosse stato Pier Luigi Bersani (nonostante la sua linearità) come si sarebbe comportato? C'è però da dire che se il MpS, come qualsiasi altra banca, dovesse fallire cadrebbero anche altre banche, aziende finanziate dagli istituti di credito e le compartecipazioni varie possedute dalla banche; quindi l'aiuto dello Stato al Monte dei Paschi  è stato una necessità per evitare una catastrofe ponendo le mani su una eventuale nazionalizzazione se la banca non dovesse onorare la restituzione del capitale e gli interessi.

venerdì 25 gennaio 2013

Il redditometro

In pubblicità, e in genere nelle Scienze della comunicazione, esistono i creativi: personaggi dotati di una grande fantasia che applicano nei films, nei cartelloni pubblicitari, nei comunicati stampa, negli spot e così via. Bellissimi abbinamenti di colori, scene e dialoghi intriganti ma, ai fini della vendita del prodotto, di scarso effetto perché - come diceva Marshall McLuhan - è lo strumento e non l'idea che vorrebbe rappresentare che fa effetto sull'opinione pubblica. Ove per strumento si intende l'insieme delle tecniche (visive, orali, ecc.) che si elaborano nel presentare un prodotto o servizio o candidato. Alcuni messaggi elettorali, bellissimi dal punto di vista artistico, non raggiungono lo scopo perché mancano delle elementari nozioni di pubblicità.
Così come taluni provvedimenti legislativi o normativi apparentemente risolutivi e di buon senso al momento dell'applicazione si rivelano inefficaci se non addirittura dannosi. Questo perché ci si affida agli estroversi che pensano di poter risolvere tutto con lampi di genio senza sperimentare e confrontare, prima dell'applicazione, quanto si intende varare. Oppure ne danno un annuncio che dall'opinione pubblica è percepito in modo distorto se non addirittura pericoloso.
E' il caso del redditometro, una misura sacrosanta e giusta per stanare gli evasori ma presentata come l'inquisizione per tutti i cittadini spingendo così, anche coloro che sono stati sempre in regola col fisco, a ricorrere allo strumento dei contanti o ad accordarsi con l'altra parte per una ricevuta di importo minore del versato. In questo modo invece di diminuire crescerà l'evasione fiscale.
Bene ha fatto il governo a specificare che il redditometro non sarà applicato (normalmente) ai pensionati con un solo reddito ma dovrebbe anche aggiungere che lo strumento sarà usato per tutti e in tutti i casi di contestazione della dichiarazione dei redditi. 
Mentre un provvedimento veramente valido per disincentivare il lavoro nero e l'evasione contributiva potrebbe essere la deducibilità delle spese con un tetto rapportato all'ammontare delle entrate risultanti dalla dichiarazione dei redditi.

Lunedì: Il Monte dei Paschi.

giovedì 24 gennaio 2013

Il futuro di Casini

L'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga prevedeva uno splendido futuro politico per quel "ragazzotto rampante" che si aggirava nella segreteria della direzione della Dc: Pier Ferdinando Casini. L'anima del politico l'aveva nel sangue, anzi nel dna in quanto il padre era stato un dirigente della Dc ai tempi di Alcide De Gasperi come risulta anche da una foto del padre ritratto insieme a De Gasperi; foto in bella mostra nell'ufficio di Casini. Il ragazzotto dopo il crollo della Dc si accasò con Silvio Berlusconi, poi occhieggiò verso Gianfranco Fini e al tramonto del presidente della Camera è passato nella lista civica di Mario Monti, rivendicando sempre la sua indipendenza e coerenza politica; e tale lo è veramente in quanto ha praticato la politica delle equidistanze e dell'alleanza con il più forte del momento o, perlomeno, con il soggetto politico che più poteva garantirgli un futuro.
Ora ha lasciato la Camera dei deputati per presentarsi in cinque collegi del Senato, per una questione personale e di rinnovamento ha detto. Facciamo un poco di dietrologia: dato che Monti non riuscirà ad avere voti sufficienti per tornare a palazzo Chigi ma abbastanza per appoggiare il governo di Pier Luigi Bersani  e dato che quasi tutte le forze politiche, dalla Lega a Niki Vendola, sono contrarie a un altro governo Monti ma si rendono conto della sua utilità in campo internazionale per garantire il debito sovrano dell'Italia, è molto probabile che lo eleggeranno a presidente della Repubblica (ove ha chances pari a quelle di Romano Prodi). In quel caso, se Casini non sarà il presidente del Senato, alla guida del movimento della lista civica potrebbe proprio andare il giovane (rispetto agli altri) ex ragazzotto della Dc.     
Preparando, sia nell'uno che nell'altro caso, il percorso che lo porterà tra sette anni alla presidenza della Repubblica!       

mercoledì 23 gennaio 2013

Quo vadis Bersani?

Pier Luigi Bersani è stato un ottimo presidente di regione e un altrettanto ministro dello Sviluppo economico, meriterebbe di essere messo alla prova come presidente del Consiglio dei ministri; peccato che è circondato da uomini che della politica ne hanno fatto una casta, che controllano frattali di territorio e voti e, non ultimo, in buona parte sono imbevuti culturalmente dall'ormai superata visione marxista. Nell'insieme il Pd non riesce a percepire il futuro come la caduta delle vecchie ideologie per far posto ad una matura visione delle esigenze locali improntate sui fatti e non sugli schieramenti di destra e sinistra, sull'abbandono degli aiuti di stato alle aziende decotte per dirottarli alla ricerca, allo sviluppo e all'export, sul superamento del ministero della difesa per trasformarlo in ministero della protezione civile, sulla coopartecipazione dei dipendenti agli utili dell'azienda attraverso apposite azioni privilegiate, sull'intervento pubblico nei settori strategici ed innovativi, sulla deducibilità (con un tetto rapportato al reddito) delle spese, sulla riforma dello stato iniziando dall'abolizione delle regioni (costosissime e inutili) e non i comuni e le province, sul ripristino del falso in bilancio, sull'interdizione dalla professione o attività o albo degli accertati evasori, e si potrebbe continuare. Tutti provvedimenti senza o a bassissimo costo.
Il fatto è che il Pd ha uno zoccolo duro di aspirazioni ideologiche di sinistra che spera nella mano dello Stato per risolvere i problemi quotidiani, anche se alla lunga si riveleranno costosi e inconcludenti soprattutto perché la loro realizzazione è affidata ai politici e non ai professionisti del settore. Essere riformisti (anche di sinistra) non vuol dire sperperare il denaro pubblico ma saperlo amministrare. I conservatori, oggi, sono i riformatori di una volta  che ancora aspettano la rivoluzione sociale e coloro che vogliono tenersi stretti i posti pubblici conquistati attraverso il partito.
Bersani, nonostante le migliori intenzioni, è a un bivio: da una parte i riformisti che guardano verso Mario Monti, dall'altra lo zoccolo dura della sinistra ammaliato da Antonio Ingroia e Niki Vendola. Uno perché toglie voti alla coalizione e l'altro perché mette in difficoltà Bersani. Emorragia di voti assai dannosa ai fini del risultato elettorale, tanto che il 30% potrebbe essere il massimo raggiungibile.

Domani: Il futuro di Casini.

martedì 22 gennaio 2013

Prevedere i trend


Da qualche parte abbiamo letto che è difficile capire come si comporterà un singolo individuo di fronte ad un avvenimento mentre è facile prevedere le reazioni di un agglomerato di persone; ciò fotografa in pieno le posizioni dei demodoxaloghi. Più è grande l'universo delle persone in esame e più è facile catalogarle e descriverne atteggiamenti e propensioni. Oltre a questo conta anche l'ambiente entro cui si muovono le persone in esame, pensiamo per esempio al diverso comportamento se si è in chiesa o al bar, sia nei momenti di partecipazione (preghiera o degustazione) come nei momenti di panico (precipitarsi verso l'uscita). In Demodossalogia ed opinione pubblica (edizioni Sidd, marzo 1998) abbiamo scritto:
"[...] gli sbocchi degli avvenimenti rispondono a delle costanti ove l'uomo incide solo per la parte che lo riguarda personalmente ma non sui fatti collettivi, date da situazioni createsi da effetti che sono anche cause, in quanto - secondo Dewey (*) - non accade nulla "che non sia parte di una corrente continua di eventi", perchè la vita sociale è il risultato di "forze all'interno di un più ampio contesto", come dice Lewin (*). Secondo i demodoxaloghi della Sidd (*) l'umanità è libera di agire come vuole ma pur sempre entro un vasto contenitore temporale-spaziale che ne delimita i movimenti e ne condiziona gli sbocchi, in quanto soggetta ad influssi e condizionamenti di forze preesistenti, immutabili e preponderanti. Nel raffigurare il cammino dell'umanità  noi dobbiamo pensare ad una spirale in continua espansione (Ndr: vedasi la puntata del 16 ottobre scorso): un cerchio che girando sempre intorno ad un centro si sposta sempre più verso l'esterno, in spazi precedentemente vuoti; quindi con stimoli, vicende, aspetti, tecnologie sconosciute, ma pur sempre intorno allo stesso centro generando quella situazione del "non conosciuto", elaborata da Franco Rizzo (*), che è parte del nostro vissuto quotidiano complesso e contraddittorio. Un mondo in continuo movimento ove, secondo Beltrand Russel, cambiano le forme e le motivazioni ma restano immutate le pulsazioni e le finalità. Questa giostra genera cicli generati dalla contrapposizione delle forze in campo (dal peso dell'opinione pubblica) rilevabili nel momento in cui una parte della periferia (i nuovi stimoli) prende le distanze dal centro (la tradizione) per iniziare una nuova fase (ciclo politico, economico, culturale, ecc.).
Gli stimoli verso bisogni nuovi generano aspirazioni sostenute da movimenti d'opinione pubblica indotti (per interessi sociali, ideologici od economici) o spontanei quale effetto di una precedente causa.  Negli usuali sondaggi campionari il ricercatore verifica le aspettative del campione (le motivazioni personali); nella inde (*) si misurano le aspirazioni: l'opinione di un particolare pubblico così come è da esso stesso percepito in raffronto all'opinione generale. Dal discostamento dei due parametri, nell'arco di un periodo di tempo, si ricava il movimento tendenziale dell'aspirazione di quel pubblico. In pratica, dopo un rapido controllo sui mass-media si interpellano i portatori d'opinione (i leaders) e quindi eventualmente dei campioni di pubblico (non della popolazione statistica), alla fine si riportano su grafici i risultati ottenuti mettendo l'argomento sotto monitoraggio. Nell'indagare sulle aspirazioni occorre fare attenzione nel porre il problema nella giusta direzione. Verificare quanti italiani o cittadini del nord Italia condividono le aspirazioni di secessione del senatore Umberto Bossi non ha senso, quello che conta è vedere in che misura crescono o diminuiscono i consensi intorno alle proposte della Lega da parte di quel pubblico che si identifica con i suoi potenziali o tradizionali elettori. Più aumenterà il peso dei sostenitori (la convinzione di un'aspirazione legittima e possibile) e maggiormente aumenterà il numero degli elettori leghisti. [...] Così come i sondaggi pre-elettorali non possono abbracciare un campionamento effettuato sull'intero territorio nazionale ma vanno svolti collegio per collegio essendo diverse le collocazioni geografiche, etniche, storiche, sociali e culturali e quindi con tradizioni, situazioni e aspirazioni diverse da luogo a luogo."
(*) John Dewey filosofo e pedagogista statunitense.
(*)  Kurt Lewin considerato il padre della psicologia sociale.
(*)  Società italiana di demodoxalogia.
(*) in "Consenso ed istituzioni" edizioni Esi Napoli 1981.
(*) indagine demodoxalogica.
(22 - continua) 

Domani: Quo vadis Bersani? 
Giovedì: Il futuro di Casini. 

lunedì 21 gennaio 2013

L'elettorato di Monti

Lo spin doctor della campagna elettorale di Mario Monti è il direttore del quotidiano romano Il Tempo, Mario Sechi (candidato nella lista del presidente del consiglio uscente), un giornalista acuto rilevatore del sentiment dell'opinione pubblica e, come tale, non bisognoso di consigli. Ma, da vecchio demodoxalogo (studioso dei fenomeni connessi all'opinione pubblica) posso segnalare che il probabile bacino elettorale di Monti sia tra i pubblici di destra e sinistra appartenenti alla categoria (vedasi il post del 4 gennaio Berlusconi spaventato) degli elettori culturalmente elevati, cioè di quelle persone con una cultura superiore che si tengono aggiornate e che capiscono la reale difficile situazione del Paese, rifuggendo da facili suggestioni o ammiccamenti. Non per nulla in seno al Pdl e al Pd ci sono personaggi pubblici che non hanno nascosto la loro propensione verso Monti, lo stesso  Bersani, se si analizza bene la sua campagna elettorale, non è contro Monti: ha solo paura di cedergli elettori.
Pertanto se il bacino dell'utenza elettorale è quello indicato, codesto pubblico ha un suo modo di rapportarsi con gli altri e di orientarsi elettoralmente. Anzitutto non ha la propensione a votare contro (come avviene con le categorie degli arrabbiati e dei poco informati che votano o contro o a favore, ispirati più dalla passione che dalla logica); quindi supera la simpatia o antipatia verso il candidato per cercare di capire qualcosa da quello che emerge dalle proposte, non fermandosi alle sole enunciazioni (tanto care ai comizianti perché d'effetto suggestivo sul pubblico).
Anche per la categoria degli elettori culturalmente elevati (e non intendiamo solo per titoli di studio) è efficace uno slogan riassuntivo dei programmi ed un riferimento al futuro come, per esempio, "La ripresa è possibile, lavoriamo per il futuro". In tempi di crisi la cittadinanza ha bisogno di fiducia, di credere in qualcosa di positivo e, eccetto la categoria degli arrabbiati, ha paura dei catastrofisti e delle Cassandre. 
Il presidente Monti nelle sue apparizioni pubbliche non dovrebbe lasciarsi trasportare dai temi degli avversari o manifestare intenzioni "contro" il concorrente ma spiegare in dettaglio, con cifre e tempi (ove possibile), il programma che intende svolgere, non rimandando alla lettura del suo blog. Dovrebbe distinguersi per la presentazione di temi concreti e di facile comprensione, cioè guardare al futuro. Lasciare agli altri le recriminazioni, i faremo, gli annunci impossibili, le belle parole senza costrutto e l'elogio del ho fatto o farò, ecc. Il suoi elettori virtuali amano confrontarsi sui ragionamenti inerenti alla situazione reale,  percepita e capita da tutto quel pubblico.

Domani: Prevedere i trend.

venerdì 18 gennaio 2013

Berlusconi, il vincitore

Stando ai sondaggi elettorali annunciati da Silvio Berlusconi, nelle sue apparizioni nelle varie tv, avrebbe superato il 40% dei consensi; infatti ad Abbiategrasso su tre cittadini interpellati ben due hanno detto che avrebbero votato per Berlusconi, altrettanto a Somma vesuviana. A nord come a sud i sondaggi danno la vittoria al cavaliere: a Molfetta l'unico interpellato si è espresso per Berlusconi, così come a Nuoro, Orbassano e Lignano. Ergo, se su mille intervistati una buona manciata esprime le sue simpatie per l'ex premier e, addirittura, in alcune località (come quelle sopra indicate) c'è un plebiscito per il capo della coalizione Pdl-Lega (come evidenziato nei numeri citati) possiamo concludere che la maggioranza è a favore di Berlusconi. Per la legge della logica se in sei casi (i paesi citati) è in testa Berlusconi nel resto dell'Italia i risultati del sondaggio molto probabilmente ricalcherebbero quelli esposti; questo per la legge della logica che non è la stessa legge della statistica. Ma cosa importa? Quel che conta è avere dei numeri a favore da sbandierare come le tavole dei dieci comandamenti. I sondaggi intervistano campioni di popolazione presi da un universo secondo proporzioni algebriche che riproducono in scala l'universo stesso. Se si sbagliano le proporzioni c'è il rischio di sbagliare i risultati, come accadde negli Usa nello scorso secolo quando una società di ricerche intervistò i campioni estratti dall'elenco del telefono, ignorando la popolazione povera e senza telefono che era in maggioranza. Meglio facevano ai tempi dei governi della Dc, quando il ministero degli Interni per conoscere in anticipo i risultati elettorali incaricava i prefetti di rilevare quante copie vendeva nelle edicole ciascun giornale quotidiano e quante persone affollavano i comizi dei partiti. Evidentemente Berlusconi ha un suo metodo particolare, ci crede e vuole darla ad intendere anche agli altri. Come si dice: in campagna elettorale è tutto lecito.
E' invece il vincitore sul piano della propaganda politica: quando va agli show televisivi eccita la fantasia degli spettatori con mosse da cabaret (me ne vado? me ne vado? Oppure pulisce la sedia ove si è seduto Marco Travaglio), quando va a trasmissioni serie (come Omnibus deLa7tv) si comporta in modo amichevole e serioso. Evidentemente ha studiato il pubblico delle singole trasmissioni televisive e lo circuisce nel modo più consono. Oltre ad aver iniziato per primo la campagna elettorale costringendo gli avversari a scendere sui temi da lui impostati.

giovedì 17 gennaio 2013

I commenti dei lettori

Altro fatto interessante è l'Imu. Lascio da parte tutti i bei discorsi dei politici nel chiedersi se sia giiusta o meno e mi concentro sull'equità. Per essere equa una cosa va ripartita o in parti uguali oppure in base all'impegno svolto o messo in campo dalle possibilità che si hanno. Ecco, l'Imu si deve pagare in base alle proprietà che si hanno, lasciando fuori la prima casa, specialmente se si sta affrontando un mutuo per averla. Se uno però ne ha dieci, la prima non la paga e sulle altre paga in proporzione. La prima ovviamente è quella più piccola e con meno accessori (giardino, garage, mansarda, piazzali, fienili, ecc.); se si facesse in base al reddito sarebbe l'ideale ma in Italia si evade e si corre il rischio che il giusto paghi anche per il peccatore, sicuramente ricco e prosperoso.
Infine, sulle primarie, sono perfettamente d'accordo sull'imbroglio ma bisognerebbe anche concordare sul fatto che chi ha imbrogliato ha fatto un danno al Paese e agli italiani. Per effetto di questo fatto il colpevole o i colpevoli dovrebbero essere perseguiti allo stesso modo di come si colpiscono reati simili. Lo stesso concetto va poi spalmato su tutti i casi analoghi a futura memoria dei politici affinchè capiscano gli errori degli altri.
So già che con te [Ndr: si riferisce al decano della Sidd] dico cose ovvie perché stai su una montagna avanti a tutti ma da misero discepolo, quale io sono, forse ho imparato qualcosa, magari piccolissima, ma questo fatto delle minime grandezze mi aiuta a capire un tantino meglio la vita. Complimenti per i pezzi che scrivi, invitano sempre alla riflessione. (scritto da Fabrizio Cimini)

Risposta: Grazie ma attenzione, come è noto la montagna partorì un topolino ed io non sono da meno; affidarsi alle chiacchiere degli altri, specie se sono assisi su scanni o montagne, molto spesso svia dalla realtà. Meglio osservare, non credere a nessuno e elaborare una, due o più opinioni proprie. 

Domani: Berlusconi, il vincitore.

mercoledì 16 gennaio 2013

Commenti dei lettori

Leggo pochi messaggi sul blog ma leggo. Condivido pienamente il pezzo su Le balle della politica (dell'11 gennaio): mi piace e mi stuzzica l'appetito cerebro-sensoriale. Volendo proprio dirla tutta, i sondaggisti che fanno rilevazione sono tutti foraggiati dai politici, sia a livello economico (con chi guadagnerebbero altrimenti) che politico, appunto. Ho sentito dire da Nicola Piepoli che Silvio Berlusconi era in rimonta, Pierluigi Bersani davanti (ma non molto) e la coppia Mario Monti/Pierferdinando Casini agganciata alla scia. Su Gianfranco Fini non si è espresso. Dei nuovi, Antonio Di Pietro galleggia al ribasso, Antonio Ingroia ha qualche voto e Beppe Grillo è in calo. L'ho ascoltato su Rai New mentre veniva intervistato da Corradino Mineo che, guarda caso, si è candidato con il Pd; Corradino ha il mio rispetto ma quando ci sono di mezzo gli interessi tutto cambia.
Dicevo che Piepoli si dava da fare nello snocciolare dati a favore più o meno di tutti ma su Grillo le sue parole erano atte a distrarre l'elettore, dando così quasi un consiglio da amicone agli arrabbiati nel lasciarlo perdere. Il famoso ritorno all'ovile, pardon, ai seggi elettorali e ai soliti politici. Maurizio Crozza a Ballarò, che peraltro è divenuto penoso per via dell'inciuciamento soft con i partiti, non perde mai tempo a sminuire l'effetto Grillo con battute grezze e grevi ... peccato non seguirlo più ma anche lui è risucchiato dagli interessi. Anche Michele Santoro sembra essersi addolcito, vedasi la trasmissione con Berlusconi, sarà l'effetto de La 7tv. Ho appreso che lo stesso Sandro Ruotolo si è accasato con il movimento di Ingroia che, forse a corto di persone da candidare, ha preso anche Giovanni Favia, ex MoVimento 5 stelle, epurato da Grillo perché dissidente. Bene ha fatto Grillo, dico io, perché il tizio sembra come il Daniele Capezzone della situazione, cioè come il cuculo che sfrutta l'operato degli altri per mantenersi in forma senza fare nulla di operoso. Favia e tutti gli altri allontanati sono stati anche protetti dal partito degli arancioni capeggiato da un'altro magistrato: Luigi De Magistris, un cuculo pure lui perché si è fatto prima proteggere da Grillo e da Di Pietro quando era nei guai per via di una inchiesta, poi si è fatto eleggere al Parlamento Europeo insieme a Sonia Alfano grazie ai voti del MoVimento 5 stelle per, dopo essere entrati in contrasto col movimento, accasarsi con l'Italia dei Valori. Dopo aver litigato anche con Di Pietro, dopo l'elezione a sindaco di Napoli di De Magistris, lasciarono l'Italia dei Valori per creare un loro partito. Lo stesso Di Pietro fu spalleggiato da Grillo che lo chiamava Kryptonite, chiaro rimando al materiale in grado di distruggere il super eroe Superman, perché era duro e tutto di un pezzo. Lo stesso Marco Travaglio  deve qualcosa a Grillo: lo ospitava nel suo Blog, uno tra i più letti, con una rubrica chiamata Passaparola che ebbe un successo straordinario. In pratica Grillo spianò indirettamente la strada a quello che sarebbe stato il risultato tra i più incredibili e di successo tra i lettori dei quotidiani: il Fatto Quotidiano. La stessa sinistra radical/chic ha guadagnato qualcosa dalla lotta di Grillo a Berlusconi, portando ai Ds i perduti consensi di coloro che si erano allontanati dall'incantatore di citrulli.
Gli illusi sono lo zoccolo elettorale duro, cioè quelli che a votare ci vanno comunque, cascasse il cielo; però sono anche duri a dare il voto al nuovo che avanza perché probabilmente vedono Grillo come un'accetta che spacca il ceppo: troppo eversivo ed irruento nelle decisioni, un estremista. Hanno timore di lui perché, anche se condividono tratti di pensiero del Comico, chi lascia la via vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova. Ed è duro lasciare un letto seppure tiepido per uno sicuramente nuovo ma freddo.  (scritto da Fabrizio Cimini)

Risposta: il demodoxalogo Cimini ha tracciato un ampio quadro politico visto dal versante del movimento di Grillo: dal comportamento dei sondaggisti, della stampa e dei beneficati alla paura del nuovo da parte degli elettori. Aggiungiamo soltanto che Grillo  propone la sua visione politica e medicine che da altri versanti non ricevono consensi, come è normale nella dialettica politica. Così come, per fare un esempio, non trovano adesione le novità proposte dal movimento "Fare" di Oscar Giannino proprio perché qualsiasi novità contrasta con il letto tiepido, citato da Cimini. Come risulta nell'ampia casistica analizzata dalla sociologia politica.  

Venerdì: Berlusconi, il vincitore.

martedì 15 gennaio 2013

Marketing della politica

Il marketing della politica non si distacca molto da quello commerciale, anzi è quasi uguale con tre aggiunte. 1) nel corso della campagna elettorale si può anche esagerare nelle promesse e nelle accuse per eccitare la fantasia degli elettori. Cosa impossibile nelle vendite commerciali perché se un prodotto spacciato migliore non soddisfa le attese dei consumatori uscirà dal mercato.
2) ad eccezione degli elettori appartenenti alle categorie dei fidelizzati e del ceto culturale informato gli elettori, generalmente, non votano in base ai programmi ma per reazioni emotive in favore o contro.
3) la campagna elettorale è uno scontro che sottende interessi economici, pertanto è possibile che avvenga qualche sgambetto.
Per quanto riguarda il marketing commerciale la pubblicità va incrementata quando le vendite del prodotto calano o quando sul mercato si presenta un prodotto nuovo. Il marchio e la confezione dovranno essere visibili ed attraenti per forma, colori e frasi significative. Il consumatore va invogliato all'acquisto suggerendogli che sta facendo un affare o che potrà concorrere a ricchi premi. Oltre a minori accorgimenti, caso per caso o calibrati sul prodotto.
Se guardiamo questo inizio di campagna elettorale possiamo dire che Silvio Berlusconi, consapevole di aver commesso degli errori, è stato prima silente per mesi per far dimenticare le sue gaffes e poi ha invaso massicciamente i canali radiotelevisivi presentandosi come un nuovo prodotto, molto promettendo (imu, tasse, ecc.) e molto accusando (Mario Monti, Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini). Sapendo di non poter vincere e tornare a palazzo Chigi ha fatto intravedere una porta aperta a Pier Luigi Bersani nel presupposto di un'alleanza su alcune tematiche.
Lo scontro elettorale sarà duro perché nessun concorrente ha tutti gli assi in mano, lo stesso Bersani che viene dato dai sondaggi per vincitore non è certo di poter raggiungere la maggioranza anche al Senato ed avrà bisogno di sostegni. Da chi? Dagli eletti nella lista di Monti che, con la scesa in campo di Gabriele Albertini, ha tolto a Milano molti voti alla sinistra riformista del Pd? O, come detto, dalle residue forze Lega-Pdl? Una cosa è certa, in Lombardia gli uomini presentati da Monti hanno fatto un vero e proprio sgambetto ai concorrenti di destra. Così come i presentatori dei cloni dei simboli, depositati al Viminale, hanno fatto con Beppe Grillo e Antonio Ingroia.
Ma siamo ancora all'inizio, il bello deve ancora venire perchè gli interessi economici sono enormi, non si tratta di dividersi un panettone ma di difendere gli interessi reali (banche, supermercati, cooperative, associazionismo, reti televisive, giornali, compartecipazioni finanziarie, assicurazioni, ecc.) di questo o quel gruppo di potere consociato al movimento politico di appartenenza. In un periodo di vacche magre che non sapendo più come attingere dai soliti canali dello stato lottano ognuno contro l'altro per spartirsi gli avanzi.

lunedì 14 gennaio 2013

La nuova Era


Come sinora sostenuto nelle scorse puntate siamo entrati in una nuova Era ove grazie alla tecnologia assisteremo all'esaltazione delle novità e delle idee, accantonando le vecchie ideologie (sociali, politiche, religiose) per privilegiare le proprie convinzioni, necessità e desideri; una specie di società egoista fondata su monadi che comunicheranno attraverso le novità delle telecomunicazioni informatiche cullandosi nell'apparenza delle cose e nei legami virtuali della Rete e del proprio clan familiare, lavorativo e territoriale. In Lineamenti di sociologia dell'emigrazione (editore Istituto bibliografico Napoleone, Roma gennaio 1987) abbiamo scritto che ci stavamo avviando:
"verso l'era dell'informatica che si basa sulla moltiplicazione delle idee. Quindi un futuro di cultura, di demassificazione, di stimoli a gestire in proprio la vita ed i rapporti con gli altri e il non conosciuto. Nel post-industriale l'individuo se la dovrà cavare da solo altrimenti non sopravviverà. Per questo motivo abolirà qualsiasi tipo di mediazione collettiva per passare a forme di mini-associazionismo (di produttori, di utenti, di consumatori, culturale o ricreativo, ecc.) come prima tappa di una riforma dello stato e dei poteri decisionali, perché la possibilità di comunicare immediatamente o direttamente rende inutile, e a volte dannosa, l'intermediazione degli altri o delle istituzioni. Ed anche perché si prenderà sempre più coscienza che la delega ha portato l'umanità sull'orlo di catastrofi nucleari o ecologiche. La svolta consisterà in una apparente anarchia derivata dalla multiformità di direzioni o decisioni per cui la gente considererà se stessa non come facente parte di un gruppo omogeneo (etnico, religioso o politico) ma, ha detto Tofler (*), come individui differenziati, ciascuno con i propri bisogni e desideri. Questo perchè la tecnologia farà perdere più lavoro di quanto si riuscirà a trovare, ha specificato Caselli (*), cioè diminuirà la quantità di lavoro socialmente e tecnicamente necessario, con conseguenti minori garanzie ai meno qualificati e più propensione verso lavori autonomi e forme di tipo cooperativistico o lavoro nero. [...] Alcuni punti fermi faranno sentire il loro peso. Essi sono:
- l'evoluzione demografica, con l'allungamento della vita media e la diminuzione delle nascite;
- il diffuso ed accresciuto benessere, che ridurrà le spinte rivoluzionarie (basate sulle aspettative) trasformandole in momenti di partecipazione e progettazione;
- l'avvento del telelavoro e la conseguente diversa organizzazione del lavoro e dei servizi.
Sinora chi ha avuto beni materiali o braccia da offrire ha potuto soddisfare anche il bisogno della conoscenza. Un bisogno che caratterizzerà il post-industriale e che si distinguerà dal passato per la sua pervasività, globalità e velocità. Infatti, da sempre, ai popoli rimasti indietro nella conoscenza è stato imposto di credere e di adottare le invenzioni (tecniche o ideologiche) dei paesi dominatori. L'industrializzazione in Europa sorse nell'800 ad opera di circa 200 maestri inglesi che forgiarono generazioni di artigiani francesi, danesi e tedeschi. Nella società post-industriale, a causa dell'aumentato divario tra ricchi e poveri (di idee da offrire), predomineranno tre aspetti di migrazioni:
- quelle provenienti dai paesi del Terzo mondo, con lavoratori che andranno ad occupare i posti più pesanti e dequalificati;
 - quelle interne allo stato, con lavoratori dequalificati e poco assistiti in cerca di opportunità verso le zone più industrializzate;
- quelle internazionali, di tecnici e specializzati che si stabiliranno nei paesi produttori di alta tecnologia.
[...] Stante quanto sopra la sociologia dell'emigrazione potrebbe essere un utile strumento per capire i bisogni e le aspettative di un gran numero di uomini che hanno lasciato, o si apprestano a lasciare, i paesi d'origine e le usanze praticate nel loro ambiente familiare, per trapiantarsi (spinti dal bisogno o dalla curiosità) in paesi con diversi costumi, ideologie e tecnologie, clima ed ambiente. Secondo questa disciplina è importante l'accostamento territorio-popolazione-risorse e il loro equilibrio. La devastazione (politica ed ecologica) dell'ambiente o l'alterazione del rapporto bisogni-risorse non può che produrre la rottura del naturale equilibrio, con conseguente emigrazione o con fenomeni di disordine sociale ed economico.[...]"
Se riflettiamo su quanto avvenuto dal momento in cui abbiamo divulgato quanto sopra (dal 1980 al 1988 attraverso conferenze, lezioni, articoli e relazioni) sino ad oggi possiamo constatare, dopo trentatré anni,  che l'analisi aveva posto le basi per una corretta visione del futuro. Invece ancora una volta dobbiamo rammaricarci per il ritardo degli accademici e dei politici sottolineando che il primo corso di Sociologia dell'emigrazione è stato istituito appena dieci anni orsono così come la Psicologia Sociale che entrò nel piano di studio della laurea in Sociologia con oltre venti anni di ritardo.
Comunque, per riepilogare le ultime puntate, l'Universo è in espansione e la Terra vi percorre, nel Tempo, uno Spazio adeguando progressivamente la vita dei suoi abitanti nel rapporto Ambiente = Territorio/Popolazione/Risorse. L'immagine è tratta da Il mondo in cui viviamo (Mondadori editore, 1956) e raffigura la Terra nel suo passato e nel suo futuro: dalla nascita di una nube di pulviscolo cosmico, condensata, raffreddata e solidificata sino a come appare nel suo aspetto attuale; ma a mano a mano si allontanerà nel tempo e nello spazio in un universo popolato da inumerabili mondi paralleli.
In conseguenza del cammino della Terra muta anche il sapere, connesso alle scoperte della dilatazione del mondo: Ora siamo entrati in una nuova era e molte cose cambieranno, dalla vita quotidiana alle istituzioni politiche. Solo i popoli che sapranno afferrare il cambiamento ed affrontare le novità potranno considerarsi i futuri dominatori del pianeta lasciando, come al solito, in posizione marginale o subalterna seppure sotto altre forme le popolazioni che non si saranno adeguate alla cultura dei vincitori.

(*) Alvise Toffler politologo americano.
(*) sindacalista economista.
(21 - continua) 
Domani: Marketing della politica.

venerdì 11 gennaio 2013

Le balle della politica

La media dei risultati dei sondaggi elettorali, effettuati dagli istituti specializzati, ci dice che Silvio Berlusconi ha raggiunto il 19% mentre Beppe Grillo è sceso al 16%. Lo scorso 30 novembre avevamo anticipato quanto già chiarito in altri precedenti post: Grillo era "destinato a perdere nei prossimi mesi [i consensi]", infatti il suo movimento è un contenitore di arrabbiati che si allarga e restringe a seconda dell'umore della popolazione, creato dai mass-media. Per quanto riguarda Berlusconi, se i sondaggi  lo danno a circa un 20%, perché sbandiera in tv che ha raggiunto il 40%? Per due motivi: - il primo rivolto agli elettori per rafforzare in loro la convinzione che votarlo non è un voto sprecato; - il secondo motivo per adescare quei candidati recalcitranti che sta cercando nella cosiddetta società civile. Ci spieghiamo con un esempio: se (ipoteticamente) un partito prendesse il 10% dei voti avrebbe 10 parlamentari, se ne prendesse il doppio ne avrebbe 20, con il 40% ne avrebbe quaranta e quindi sarebbe più facile essere eletti rientrando nel listino anche se messi al 39^ posto.
Il fatto è che in politica (e specialmente durante la campagna elettorale) le balle si sprecano, tra i parlamentari circola una battuta: se in campagna elettorale hai promesso 100 e non lo hai mantenuto alla successiva prometti duecento, il popolo ha la memoria corta e ti rivoterà. Ecco allora le promesse dei partiti di ridurre le tasse e modificare l'Imu, argomenti sensibili che toccano le tasche dei cittadini. Per quanto riguarda l'Imu propongono di alzare le aliquote delle case al centro delle città e abbassare quelle in periferia, con l'ipotesi che le case nel centro abbiano un maggiore pregio dato dall'alto valore al mq., quindi se costano care vi abitano persone con alti redditi; l'ipotesi è vera ma nelle abitazioni cosiddette storiche ci potrebbero abitare dei pensionati con basso reddito che hanno avuto, a suo tempo, la casa in eredità o che è stata l'unico frutto di anni di sacrifici. Mentre ci sono zone censite come periferia urbana con palazzine signorili, parco e collegamenti con la città che nulla hanno da invidiare ai palazzi storici, abitate da affermati professionisti e facoltosi commercianti. Per non parlare poi di zone censite come rurali: con casali, piscine fatte passare come laghetto per l'allevamento delle trote o abbeveratoio per gli animali, rimesse automobilistiche come stalle, e così via. Non sarebbe allora più equo tassare la prima casa in base al reddito dei locatari?
Un altro imbroglio della politica è quello delle primarie. Se una persona riconosciuta come onesta e preparata dai suoi concittadini viene eletta alle primarie l'elettore legittimamente riterrà di vederla nella lista dei candidati alle elezioni; avviene invece che - grazie al porcellum mantenuto in piedi dai partiti per perpetuare la casta dei dirigenti - nel cosiddetto listino (la lista dei candidati) il candidato espresso dalle primarie non è inserito in ordine alfabetico o in base ai voti ricevuti in quel collegio (come sarebbe democratico) ma dopo l'elenco dei candidati scelti dalla direzione (con la scusa della società civile). L'imbroglio consiste nel fatto che l'elettore non può scegliere i nomi ma solo il simbolo del partito, pertanto se una lista prende il 10% e ha diritto a dieci seggi andranno in parlamento i primi dieci della lista che, guarda caso, sono i nomi imposti dalla segreteria. Alla faccia del rinnovamento e della democrazia!

Lunedì: la demodoxalogia, 21^  puntata.

giovedì 10 gennaio 2013

La società civile

Da Mario Monti ad Antonio Ingroia, da Silvio Berlusconi a Nichi Vendola e così via, tutte le altre formazioni politiche hanno scoperto la cosiddetta società civile da candidare in parlamento. Ove per società civile si intendono i rappresentanti delle associazioni, le categorie del lavoro e delle professioni, i personaggi della cultura, delle cooperative, etc. Benissimo, perfetto! Però a questo punto sorgono due domande:
- se ora i partiti si aprono alla società civile vuol dire che sinora in parlamento non erano presenti persone civili in rappresentanza della società?
- se la società civile è rappresentata dalle categorie anzidette non c'è nulla di nuovo nel panorama politico, avvocati, ingegneri, medici, sindacalisti, giornalisti, rappresentanti dell'imprenditoria, ecc. ci sono sempre stati negli scanni parlamentari e tutti appartenenti ai rispettivi ordini professionali o congreghe di tutela di interessi collettivi. A dire il vero sono stati presenti anche buffoni, attrici e commedianti ma a titolo personale, senza cioè appartenenze a profili professionali codificati, tuttalpiù ad improvvisate compagnie di merenda. 
Che a questa o quella lista elettorale ci siano personaggi della società civile non sembra un segno di rinnovamento o garanzia della bontà dell'offerta politica. Ben altro chiedono gli elettori!

mercoledì 9 gennaio 2013

Le manine dei servizi

In questi ultimi mesi, stando alle informazioni dei mass-media, delle circostanziate lettere anonime hanno denunciato annose anomalie nel comportamento in seno alle istituzioni: dalle turbative d'appalto alla sottrazione di documenti. Nulla di nuovo, sulla infedeltà dei funzionari pubblici non c'è cittadino che non abbia qualcosa da riferire: dal vigile urbano che suggerisce una regalia per non denunciare una violazione urbanistica al geometra che sbaglia una carta topografica, sino all'ispettore ministeriale che controlla solo le opere concordate o archivia le pratiche segnalate da personaggi di tutto rispetto ed ossequio in grado di favorire promozioni o altro. Politici, alti prelati e uomini dei servizi segreti non si sottraggono dal dare consigli, minacciare ritorsioni, promettere benefit per aggiustare questa o quella pratica o agevolare un concorrente nel corso di un sostanzioso appalto, magari senza bando d'asta. Comportamenti che quasi tutti i giudici conoscono (spesso con tanto di nome, cognome e importo) ma che sono trascurati per privilegiare le malefatte più sostanziose, segnalate dal procuratore capo. 
A volte qualche giornalista o qualche mano più o meno anonima ma a conoscenza dei fatti tira fuori dal cassetto vecchi casi illuminandoli con una luce diversa. Generalmente, col senno di poi, alcuni fatti o documenti indicano versioni diverse dalle prime indagini, tanto che si sospetta che ci sia stato un depistaggio nelle stesse; tra i casi più famosi oltre agli attentati ai giudici Giovanni Falcone e Pietro Borsellino (www.falconeborsellino.net/), a una serie di incidenti e suicidi e al rapimento di Emanuela Orlandi, possiamo aggiungere il mostro di Firenze  Pietro Pacciani sacrificato come capro espiatorio. Casi nei quali alcuni giudici  hanno fatto carriera ed altri sono passati ad altri incarichi ma in tutti c'è una traccia dei servizi.    
Se prima l'accertamento della verità era già complicato oggi, con Internet, la confusione è aumentata. Sorgono fatti e testimonianze non suffragate dalle pezze d'appoggio (di documentazioni cartacee o telefoniche d'epoca) e messe in rete da personaggi sconosciuti o non affidabili, quando addirittura attraverso il sito non si riesce a risalire all'emittente o al primo internauta che ha messo in circolo la nuova versione. E' il caso della pubblicazione Mistero di Stato, rintracciabile solo attraverso la navigazione dei siti, che ipotizza il coinvolgimento dei servizi segreti e Gabriella Pasquali Carlizzi rilanciata nel blog di Paolo Franceschetti che offre una visione completamente diversa sul caso di Aldo Moro, mescolando documenti ed ipotesi di difficile decifrazione della realtà ma terrificanti per le suggestioni che offre sui servizi segreti, il vaticano e più di un politico.

Domani: La società civile.

martedì 8 gennaio 2013

Il senso dell'epoca


L'ordinanza sopra riprodotta altro non è che un paragrafo del regolamento della real marina del Regno delle due Sicilie (anno 1841) in cui si ordina ai marinai imbarcati sulle navi del Regno di fare "l'ammuina" in occasione delle visite a bordo delle alte autorità. L'ordine recepisce in pieno lo stereotipo di un frattale di popolazione così come culturalmente tramandato attraverso i racconti ed il folclore popolare, rispecchiando l'animo generoso, fantasioso, allegro ma inconcludente del popolo napoletano. Infatti l'ordinanza prevede che al comando "facite l'ammuina" (recitate una parte) i marinai che si trovano nella parte della prora (prua) della nave vadano nella parte della poppa (la parte posteriore di una imbarcazione) e viceversa, coloro che stanno a dritta (destra) vadano a sinistra e viceversa, coloro che si trovano in basso salgano 'ncoppa (sopra) e quelli che sono sopra vadano abbascio (in basso) passando tutti per lo stesso pertuso (porta). Per concludere "chi nun tien nient'a ffa, s'aremeni a 'cca e a 'lla", cioè chi non ha nulla da fare si inventi di fare qualcosa andando da una parte all'altra della nave.
Una barzelletta più volte raccontata dall'attore comico Walter Chiari (Walter Annichiarico) definisce il carattere di alcuni italiani: a Torino se ti offrono un caffè chiedono quante zollette di zucchero devono mettere nella tazzina, a Genova se ci vuoi anche lo zucchero, a Roma ti mettono accanto la zuccheriera, anche a Napoli invitandoti a mettere tutto lo zucchero che vuoi per poi accorgersi che la zuccheriera è vuota e lo zucchero è finito.
Gli studiosi della demodoxalogia  vanno alla ricerca degli scritti, delle satire, dei manifesti, delle opere artistiche e della produzione legislativa per capire il senso (lo stereotipo) di un'epoca e di un popolo racchiuso nello spazio-tempo di un particolare Ambiente, composto da un frattale (porzione) di territorio in cui vive una popolazione che sfrutta le risorse naturali (suolo, sottosuolo, flora, fauna, ecc.) e quelle umane dell'ingegno. Così come il maestro della disciplina Federico Augusto Perini-Bembo anticipò con la sua tesi (estate 1938) Giornalismo ed opinione pubblica nella rivoluzione di Venezia, esaminando il periodo dalla fine secolo XVII sino al 1849 i sentimenti e le azioni del popolo della Marca veneziana attraverso testi e illustrazioni tratte dai giornali dell'epoca, dai manifesti, canzoni, ordinanze, epistolari privati, raffigurazioni e recite. Una tesi che il relatore (il rettore della regia università di Perugia Paolo Orano) definì un'opera di mole " arricchita di testo, di documenti inediti e preziosi, nella vera e propria forma di una monografia storica di grande stile".  
Infatti è dalla vita quotidiana delle persone che si traggono le reali informazioni sulla cultura e la società nella loro naturale evoluzione attraverso un determinato tempo, più o meno lungo. Già abbiamo accennato (*), nelle scorse puntate, il passaggio dall'era agricola a quella mercantile e poi all'industrializzazione, per giungere all'odierna società post-industriale o dell'informatica; alla LXV Riunione della Sips svoltasi all'università di Cassino dal 3 al 9 ottobre 1999 abbiamo argomentato:
"[...] perchè l'esplosione della scienza moderna e della tecnica industriale sono una caratteristica degli ultimi due secoli? Alla giornata di studio su Biologia e società, svoltasi il 18 maggio 1999 alla facoltà di sociologia dell'università di Roma La Sapienza, abbiamo sostenuto che il pensiero sociale da una parte ha cercato i modi e i mezzi atti a consentire la sopravvivenza della razza umana e dall'altra l'appagamento della conoscenza e della eticità tramite spiegazioni consone alla misteriosità dell'ignoto. Una sorta di bipolarismo meccanicistico: uno materiale e l'altro spirituale. Più la sopravvivenza era legata alla produzione agricola e alla caccia e tanto più le ansie e le attese di una visione universalistica venivano affidate all'interpretazione prima degli eventi naturali, poi al percorso degli astri ed infine ai segni delle divinità; pertanto la materialità era data dalla Terra e la spiritualità dalle forze metafisiche. L'avvento dell'industrializzazione ha dato all'uomo la possibilità di produrre, con un maggiore apporto del capitale e del lavoro, i beni necessari ad una vita confortevole, lasciandosi alle spalle l'era fondata preminentemente sulla produzione agricola; la materialità è così passata dalla Terra alla capacità umana nel produrre i beni necessari e di conseguenza la ricerca della spiritualità o dell'armonia delle leggi universali si è spostata dalla metafisica alla fisica: cioè all'indagine sulla Natura attraverso la chimica, la fisica, la biologia. La stessa sociologia è infatti sorta come fisica sociale (Claude-Henri de Saint-Simon, Memorie sur la science de l'homme, 1813).

Ora siamo nell'era che ci porta verso il post-moderno ove l'uomo già si sente proiettato negli spazi una volta misteriosi e riservati alle divinità ed ai fenomeni celesti. Marte è a poche decine di anni di distanza dall'essere materialmente raggiunto dall'uomo e Vega è il punto d'incontro con l'ignoto. Se la materialità è passata dalla Terra all'Uomo e da questo nello Spazio, di converso la spiritualità dello Spazio è giunta al Corpo [Ndr: umano] passando per la Natura, rappresentata dalla biologia. [...]
La società agricola presupponeva la proprietà della terra che, col tempo, si è trasformata nel possesso del bene (proprietà=potere) senza più alcun legame con l'uso dello stesso ai fini della sopravvivenza. Mentre le ricchezze monetarie o i mercenari erano segni di potenza soggetti a volatilità, le case ed i feudi agricoli dimostravano visibilmente la potenza della casata; il patrimonio denota uno status sociale oltre che dare benessere, sicurezza e potere. La società industriale ha invece legato il potere alla produzione dei beni piuttosto che alla proprietà fine a se stessa favorendo le società commerciali e l'azionatario.(*) Oggi la supremazia è data dalla gestione del denaro (e non più dalla produzione dei beni) e dalle biotecnologie (l'industria del futuro). Tutti questi passaggi sono cicli storici che si sviluppano in conseguenza delle scoperte della scienza e dell'applicazione tecnologica ai fini economici. Noi siamo entrati nell'era che vedrà il predominio della biotecnologia con tutte le sue sfaccettature possibili: dalla filosofia alla medicina, dall'alimentazione alla fiction, e così via. Anche la spiritualità si caratterizzerà per una ricerca interiore alla corporeità. [...] Mentre sinora le mutazioni biologiche avvenivano, nel procedere dei millenni, per via naturale oggi abbiamo la possibilità di effettuare mutazioni genetiche controllate dall'uomo e dalla sua cultura, tramite le biotecnologie. L'Era che occuperà lo spazio-tempo degli anni duemila sarà talmente innovativa da non poter essere neppure paragonata all'era industriale, che - a suo modo - rappresentò una svolta sull'epoca precedente. Siamo ormai nell'era genomica con le sue dirompenti conseguenze sulla società. [...]"
(*) Vedasi la puntata del 20 dicembre Oltre l'orizzonte e quella del 16 ottobre La dilatazione demodoxalogica.
(*) Argomenti precedentemente svolti nella Inchiesta demodoxalogica sul post-industriale (1986) e in  Lineamenti di sociologia dell'emigrazione (1987).
(20 - continua)

lunedì 7 gennaio 2013

Destra e sinistra

Il presidente del Consiglio dei ministri uscente, Mario Monti, ha deciso (dopo un anno di prova) di salire sulla carrozza della politica nella convinzione che le categorie di destra e sinistra non esistono più, in quanto sostituite dai conservatori e progressisti. Ove nei conservatori potrebbero esserci (e ci sono) una maggioranza di estremisti di sinistra e tra i progressisti qualche borghese illuminato come ai tempi dell'unità d'Italia.  Già il cantautore Giorgio Gaber, nel secolo scorso, ci ammoniva "Cos'è la destra, cos'è la sinistra? Dove va la destra, dove va la sinistra?" percependo la frantumazione della società.
Sulla scia di autorevoli studiosi del tempo, sul numero 84 anno V del 14 maggio1988 della rivista Sapere duemila, edita dal compianto Angelo Ruggeri un editore, ex sindacalista, autenticamente progressista che credeva nello sviluppo della cultura l'arma politica e il fattore di progresso sociale ed economico, scrivemmo:
"Nel mondo che cambia si assiste ad uno spostamento storico delle concezioni politiche e dell'idea delle classi sociali. E' la sinistra, oggi, a difendere la tradizione e ad ancorarsi alla situazione così come è (difendendo i posti di lavoro anche se improduttivi) mentre la destra, con un giro di boa,  cerca nell'innovazione la possibilità di recuperare il perduto prestigio. La situazione si riflette anche nei rapporti fra sindacato dei lavoratori ed imprenditoria: nella società post-industriale lo scontro fra le due classiche forze del lavoro sarà più sfumato e ci saranno molte possibilità di accordi di una parte con l'altra e di divisioni in seno allo stesso versante [...]"
Basta guardare alle recenti cronache per avere la conferma di quanto intravisto quattordici anni orsono: l'accordo di Cisl e Uil  con la Fiat escludente la Cgil, e le ali del Pd che guardano a Monti mentre quelle del Pdl hanno addirittura formato un nuovo partito che si riallaccia idealmente e nel nome alla destra più radicale (Fratelli d'Italia).
Ancora una volta abbiamo la conferma del percorso demodoxalogico del pensiero umano, così come presentato da Antonella Liberati (vedasi il post del 3 dicembre scorso Punti fermi): le novità culturali e tecnologiche sono all'inizio percepite da pochi per poi, con il tempo, divenire stereotipi.

Domani: Il senso dell'epoca.

venerdì 4 gennaio 2013

Berlusconi spaventato

Il cavaliere senza macchia e senza paura Silvio Berlusconi ha detto in tv di essersi spaventato per aver fatto un brutto sogno, ove Antonio Ingroia era ministro della giustizia e Antonio Di Pietro (un'altro ex magistrato) ministro alla cultura. A volte le parole, non pensate e calibrate, tradiscono i sentimenti: Berlusconi è spaventato, non tanto dall'ingresso in politica di un'altra toga rossa ma dalla sensazione di aver perso il potere e di andare incontro al tonfo elettorale. Col suo modesto 10% di parlamentari fedelissimi avrà un margine risicato nel negoziare leggi a lui favorevoli o incidere sull'apporto di voti per l'elezione del nuovo capo dello Stato. Sinora la campagna elettorale che ha iniziato rivela che ha paura, se si analizzano freddamente i programmi, il tono e le parole: prima ha cercato disperatamente di coinvolgere nella sua lista Mario Monti, poi di fare l'accordo con la Lega, quindi è passato all'attacco delle forze avversarie, rispolverando i vecchi schemi del '94 (comunisti, tasse, giustizia) e chiamando a raccolta gli elettori allontanatisi col miraggio di avere (stando a dei misteriosi sondaggi che risultano solo a lui) oltre il 40% dei consensi. L'invasione dei canali radiotelevisivi per ripetere le stesse cose, in modo contorto e alterato, completa l'analisi psicologica di una persona insicura e quindi spaventata.
E' ancora presto per sondare quali potrebbero essere i risultati elettorali, stante il quadro ancora non definito delle liste e delle alleanze, possiamo però partire calcolando il peso e lo spostamento virtuale delle quattro grandi categorie di elettori: 1) i fidelizzati che ricevendo o avendo ricevuto benefici dal gruppo o personaggio di appartenenza (partito, sindacato, parrocchia, associazione di categoria, massoneria, opus dei, ecc.) non spostano il loro voto; 2) gli appartenenti alla cultura elevata della medio-alta borghesia che si tengono aggiornati sugli avvenimenti e raramente spostano il loro voto; 3) gli arrabbiati (disoccupati, tartassati, marginalizzati) che votano contro qualcuno o qualcosa o addirittura non votano ma che potrebbero convogliare la protesta per le cosiddette liste o personaggi  (Beppe Grillo, Ingroia) populisti,  come avvenuto con Di Pietro e, in passato, con Cicciolina (Ilona Staller), l'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, il partito radicale di Marco Pannella, ecc.; 4) i cosiddetti disinformati che si aggiornano su Internet, saltuariamente tramite la tv, i giornali e nelle conversazioni con amici e parenti, generalmente una categoria di bassa cultura, con una grande facilità nel spostare il voto da una lista all'altra (con una forte presenza di piccoli bottegai e artigiani).
In seno, poi, ad ogni categoria dei quattro gruppi di elettori vi sono le sub-categorie, composte da vari incastri di pubblico demodoxalogico.
Mentre Monti può pescare voti tra la borghesia medio-alta e alcune sub-categorie di fidelizzati, gli altri partiti possono attingere voti (oltre ai propri fidelizzati) dai disinformati e dagli arrabbiati ove sembra che Berlusconi già ci si sia buttato a capofitto.

giovedì 3 gennaio 2013

Il peso dell'Ambiente


Gli Stati Uniti d'America sono sorti in modo anomalo rispetto agli altri stati i quali sono stati il risultato dell'egemonia di una casata sulle altre. Il vastissimo territorio americano sin dall'inizio si è presentato come terra da conquistare per farne una propria proprietà. I primi insediamenti si ebbero ad opera dei francesi nel XVII secolo, prima nel Quebec in Canada e poi nel Missisipi e nella Louisiana; gli spagnoli si insediarono in Florida nel 1565 e successivamente nel Texas e in California, gli inglesi fondarono Jamestown nella Virginia nel 1607. Tre culture diverse rappresentate da etnie con una propria storia e legislazione. I coloni inglesi approdarono in America in seguito a motivi religiosi e politici in quanto cacciati dagli anglicani e si espansero su tutto il territorio specie ad opera dei quaccheri, dei puritani e dei padri pellegrini, dando vita alle proprietà agricole, ai commerci (legname, rum, melassa), all'allevamento e alla coltivazione del tabacco e del riso. 
Cosa univa quella popolazione composta da sudditi di tre nazioni diverse? Il senso di libertà dalle convenzioni e dalla sudditanza alla madrepatria e il senso di appartenenza nella cofondazione di un nuovo grande stato; lo stereotipo del senso di appartenenza, di superiorità sugli altri per aver conquistato il territorio. Lo stereotipo di sentirsi appartenenti ad una grande nazione che tuttora pervade la popolazione degli Usa, dimostrato in ogni occasione: nelle partite di baseball come alla cerimonia del 4 luglio, nei barbecue tra vicini come nella politica internazionale e nelle presenze, anche turistiche, all'estero. La formazione di una coscienza nazionale, di un'opinione pubblica generalizzata rilevabile nei comportamenti di massa tesi a classificarsi come winner (vincitore) nella corsa al business (affare/arricchimento). [abbondanza di territorio=senso di sicurezza e di superiorità]  Lo stesso sentiment che unisce il popolo israelita sia in patria che nel mondo, rafforzato dalla religione ma anche dalla memoria storica delle persecuzioni patite nei millenni e dal desiderio di rivalsa nel considerare prioritario l'insediamento nel territorio; uno stereotipo creato più dal cammino della storia che dai comportamenti umani. [mancanza di territorio=senso di impotenza e di rivalsa]
Nella formazione dello stereotipo americano hanno contribuito oltre alla geografia e all'ampiezza del territorio, i consumi alimentari, l'abbondanza dei beni naturali e così via, completando quell'incastro tra popolazione, territorio sul quale vive la popolazione e le risorse della terra e dell'ingegno. L'influenza dell'ambiente sugli usi e costumi (e quindi sulle credenze e la legislazione) ha una parte fondamentale, come sostenuto con vigore da Charles-Louis Montesquieu nello Spirito delle leggi (1747). Basta raffrontare gli esquimesi con gli etiopi o i pastori di ovini con i pescatori per capire che oltre alla vita quotidiana ci sono aspettative, bisogni e comportamenti diversi, derivanti dall'ambiente, che influiscono in modo determinante sugli stereotipi e l'opinione pubblica di quel determinato frattale (porzione più o meno vasta di territorio).
Il territorio, quale componente dell'ambiente, ha un suo peso che spesso travalica anche le decisioni umane condizionandole nelle scelte; citiamo ad esempio dei passi stralciati dall'introduzione del libro di Irene Ranaldi Testaccio. Da quartiere operaio a Village della capitale (Franco Angeli, Milano 2012):
"[...] Testaccio, diventato rione solo nel 1921, appariva interamente costruito già nella rappresentazione della Forma Urbis Romae (la pianta della città di Roma antica incisa su lastre di marmo risalente all'epoca di Settimio Severo, tra il 203 e il 211 d.C.).  [...] Alla fine del I secolo a.C., cioè all'inizio dell'età imperiale, [...] Testaccio, nella suddivisione augustea, era compreso nella XIII regione Aventinus (assegnato ufficialmente alla plebe nel 456 a.C. con una legge speciale), e i confini approssimativi dell'intera regione, secondo la topografia odierna che ricalca quasi interamente quella romana, [...] furono destinati a quartieri plebei, mentre gli approdi sul Tevere furono destinati a zona commerciale. [...] I censori Lucio Emilio Paolo e Lucio Emilio Lepido nel 193 a.C. diedero inizio ai lavori di costruzione dell'Emporium e dei magazzini per il deposito dei rifornimenti annonari  a disposizione della popolazione. [...]
I piani regolatori del 1873  e del 1883 stabilirono a Testaccio, e nella vicina zona Ostiense, la nascita di alcuni stabilimenti produttivi. [...] una commissione di ingegneri presieduta dal generale Cadorna individuò intorno al Monte dei Cocci [Testaccio] come quella più idonea per la costruzione di un moderno quartiere industriale [...] In questo modo, trasportando nel quartiere le cosiddette arti clamorose l'Amministrazione capitolina si poneva idealmente in linea di continuità con le scelte fatte dagli amministratori  dell'epoca imperiale romana [...] Nel 1910 [NdR: numerose erano le imprese con decine di operai] [...] Oltre a questi insediamenti produttivi, vi erano ventinove società cooperative e associazioni operaie di mutuo soccorso, queste tutte presenti  all'interno dei confini attuali del rione Testaccio, per un impiego complessivo di 1.610 operai. [...] Nel 1923  l'Istituto per le case popolari, di fronte al problema della scarsità degli alloggi e di un'urbanizzazione sempre più massiccia, inarrestabile e tumultuosa del rione e dell'intera città decise di realizzare [...] ulteriori 234 vani. Col piano regolatore del 1933 e con la definizione della zona di Testaccio come quartiere popolare [...]
Il tessuto commerciale del rione è quasi completamente mutato tra il 1990 e il 2010, così come la sua composizione sociale e soprattutto l'immagine che la città ha del rione stesso. Basti pensare che a fine degli anni Novanta, erano ancora presenti circa ottanta forni e rivendite di pane; oggi, questi stessi negozi sono stati trasformati in banche e istituti di credito e consulenza immobiliare. Uno dei tanti piccoli negozi ora scomparso era una bottega che vendeva esclusivamente lievito e strumenti per i forni artigianali in via Calvani  [...]."
Dalla macro-geografia al micro-quartiere sembrerebbe che il destino di un territorio, e della popolazione che vi risiede, sia predestinato dalle circostanze storiche che si susseguono nel Tempo influendo sulla cultura, l'economia, le usanze e - in una parola -  sugli stereotipi che contribuiscono a formare l'opinione pubblica di quella determinata popolazione. Un percorso che si allinea ciclicamente, con avanzamenti, stasi e recessioni, alle scoperte scientifiche e all'applicazione tecnica delle stesse ai fini produttivi (*) determinando, nel Tempo, quello che definiamo ere: atteggiamenti radicali nel superamento delle vecchie concezioni causati dal progresso tecnico e culturale.

(*) Vedasi la puntata n. 3 dell'11 ottobre sul percorso socio-economico.
(19 - continua)

Domani: Berlusconi spaventato

mercoledì 2 gennaio 2013

Politica e giustizia

L'abbandono della magistratura per abbracciare le candidature politiche da parte di alcuni giudici, come Pietro Grasso e Antonio Ingroia, ha di nuovo sollevato polemiche tra coloro che nell'ingresso in politica dei giudici vedono il pericolo di inquinamenti: chi è in magistratura non può fare politica o divenire parlamentare. Quando un giudice emette una sentenza o un magistrato conduce le indagini c'è sempre il pericolo oggettivo che l'ideologia prevalga sulla giurisprudenza, i casi sbandierati da Silvio Berlusconi e i suoi avvocati (peraltro parlamentari) fanno testo. Quindi se le toghe rosse lasciano il palazzo di giustizia per andare a palazzo montecitorio lo scontro tra le due fazioni (magistrati di sinistra contro gli avvocati del cavaliere) si ripeterebbe nelle aule del parlamento, come se adesso ciò non avvenisse! Il pericolo maggiore è che una toga rossa potrebbe diventare ministro della giustizia! Sarebbe questo il problema? O, forse, che dei giudici che hanno condotto indagini su retroscena della politica fanno paura se divenissero parlamentari potendo avere le mani libere?
Ogni cittadino, per esperienza e conoscenza, ha da ridire sulla magistratura del nostro Paese. Lungaggini dei processi, inquinamento delle prove, decisioni che non soddisfano. Normalmente quando due soggetti si rivolgono alla giustizia entrambi pensano di avere ragione ed è comprensibile che uno dei due non sarà soddisfatto della sentenza; però - specie se sono cause di rilevanza economica o di cittadini contro personaggi altolocati - avvengono con troppa frequenza spostamenti di giudici in corso d'opera (per promozioni o trasferimenti, senza attendere la conclusione del processo) e rinvii ripetuti nel tempo. In questo caso conta molto l'abilità del proprio avvocato nel sapersi avvalere degli interstizi del codice, dei falsi testimoni e, spesso, delle conoscenze in alto loco e dell'amicizia con l'avvocato avverso. Un ex giudice, con una lunga carriera ed esperienza, potrebbe nella sua veste di ministro modificare quegli articoli del codice che eliminano i casi accennati e tutte le altre distorsioni, quindi ben venga in politica!
Ma l'aspetto più pernicioso e distorsivo per un Paese che vorrebbe essere democratico è quello sotterraneo dei magistrati "comandati ad altri incarichi", pur rimanendo nei ruoli della magistratura: nelle segreterie dei ministri e a capo di enti pubblici, ove fra loro e con l'appoggio della consorteria di appartenenza bloccano o favoriscono l'iter di leggi e provvedimenti ministeriali.
Un problema sollevato nella trasmissione Omnibus de La7tv del 29 dicembre scorso dall'onorevole Roberto Giachetti (Pd) in contrapposizione al senatore Lucio Malan (Pdl) sostenitore dei frequenti errori giudiziari.

Domani: la 19^ puntata sulla demodoxalogia
Venerdì: Berlusconi spaventato.