martedì 30 aprile 2013

Giovani, cambiamento e rinnovamento

"C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico" cantava gioiosamente il poeta del Novecento Giovanni Pascoli. Dopo cent'anni possiamo ripetere la strofa senza aggiungere nulla alla poesia, solo lo stato d'animo è mutato: da gioioso è divenuto cupo.
Siamo passati alla terza repubblica con un corale auspicio, da parte di tutte le forze politiche, di apertura verso le nuove generazioni, di rinnovamento dello Stato e di cambiamento della politica e dei rapporti sociali. Un mondo nuovo ci aspetta o così avevamo creduto. Nei fatti il rinnovamento e lo spazio ai giovani è iniziato confermando un vecchio (perché così è) al suo posto e chiamando un cinquantenne (certamente giovane rispetto agli ottantenni) alla guida del nuovo governo.
Sappiamo che il tempo di vita, rispetto al passato, si è allungato; l'aspettativa di vita sulla quale gli assicuratori formulano le loro polizze si è dilatata nel tempo; ci sono più appartenenti alla terza e quarta generazione che alla prima e seconda con la conseguenza, aggravata dalla disoccupazione giovanile, che le casse dell'Inps non potranno reggere a lungo questo stato di cose: se le giovani generazioni non riescono a versare adeguati contributi previdenziali da chi e come verranno pagate le pensioni? Non possiamo pensare che la generazione di pensionati che sono stati sinora al governo e che attendono di rientrarci lo facciano per il solo scopo di procrastinare nel tempo il loro definitivo pensionamento, anche perché circolano dei vocaboli strani: senso di sacrificio e d'interesse per il Paese. Il sacrificio lo possiamo capire: è quello che faranno i cittadini ma qual è il loro interesse verso il Paese? Ormai c'è rimasto ben poco da depredare.
Enrico Letta è un giovane (si fa per dire) che ha mangiato pane e politica sin da quando aveva i calzoni corti, prima nell'area dei cattolici della Dc e poi nelle varie sigle della sinistra ex comunista, come può essere annoverato nell'area del rinnovamento? Una volta (così iniziano le favole che hanno lo scopo di indottrinare la gioventù prospettando un mondo roseo e profumato) i dirigenti (compresi i politici) provenivano da famiglie benestanti che, anche attraverso i matrimoni, tutelavano gli interessi e la conservazione del potere. Oggi, invece, il giovane Letta proviene da una nota famiglia borghese e da un padre docente di fisica; si è laureato a Pisa ed ha conseguito un prestigioso master europeo, ha scalato il partito sino a giungere alla vicesegreteria, tutto in modo soft senza mettersi troppo in mostra, così come lo zio: quel tal Gianni Letta che dall'amministrazione del quotidiano romano Il Tempo, attraverso la frequentazione dei salotti bene, è salito al rango di consigliere ascoltato del cav. Silvio Berlusconi. Anche se la situazione è seria tentiamo di spiegarci attraverso una barzelletta.
Un signore che per tutta la sua vita ha patito il freddo si presenta davanti a san Pietro e concorda di andare al calduccio all'inferno potendo scegliere tra tre cataste di legna impregnate di pece: quella tedesca, quella francese e quella italiana; rispetto alle altre due in cosa consiste la differenza dell'italiana? Che una volta manca la pece, una volta la legna e l'altra l'accendino.
Appunto: non c'è nulla di nuovo, come a dire: si porta avanti la bandiera del rinnovamento per non cambiare nulla!

lunedì 29 aprile 2013

L'opinione pubblica di Ragnetti

Sull'agenzia online Informatore Economico-Sociale, diretta dal demodoxalogo Francesco Bergamo,  il 24 scorso è apparsa un'articolata intervista a Giuseppe Ragnetti, discepolo e continuatore degli studi sull'opinione pubblica di uno dei quattro docenti italiani del Novecento (Francesco Fattorello), a loro volta eredi del rettore dell'università statale di Perugia Paolo Orano, il primo che indicò la strada dello studio scientifico dell'opinione pubblica. Pubblichiamo qualche stralcio dell'intervista rimandando i lettori al testo integrale su www.demodossalogia.it segnalando la concomitanza di pensiero (e non poteva essere altrimenti stante la comune eredità della disciplina) con il metodo in.de (indagine demodoxalogica).
"[...] Penso che sia la vita a regolare l'opinione pubblica prima a livello individuale e poi a livello dei gruppi sociali di dimensioni sempre maggiori fino ad arrivare al comune sentire di un intero paese o di una comunità in senso lato [...] Nella comunicazione politica il malvezzo di fare riferimento alla opinione pubblica rappresenta la più diffusa forma di disonestà intellettuale [N.d.R:  si confronti la tesi sull'opinione sociale di Mascia Ferri] [...] il suo approccio prettamente sociologico ci aiuta a capire l'individuo all'interno dei gruppi sociali, ci spiega come possa nascere un'opinione condivisa e quindi una pubblica opinione [...] Per rilevare l'opinione pubblica il metodo più comune è quello delle ben note indagini demoscopiche che [...] L'unica garanzia offerta è quella dell'attendibilità del campione, in quanto qualitativamente e quantitamente rappresentativo dell'universo da indagare. [...] E allora non posso, sommessamente, ricordare a questi grandi esperti che non basta essere laureati in Scienze statistiche (quando lo sono) per poter conoscere e rappresentare correttamente un fenomeno di tale complessità. [...] capire qual'è l'opinione condivisa dai più su un determinato problema contingente. Si tratta di ascoltare le persone nei contesti più diversi (la fila alla cassa del supermercato, il viaggio in treno Roma-Milano, la sala d'attesa dello studio medico, le ore sotto l'ombrellone, lo spostamento in taxi, la serata conviviale ...) non dimenticando, ovviamente, l'importanza dei diversi contesti. [...] la mamma della credibilità è la coerenza, mentre la figlia è l'affidabilità, qualità ormai sempre più rara e per questo più apprezzata [...] Quel che funziona negli Stati Uniti non è detto che funzioni anche da noi. [...] permettetemi di dubitare del presunto potere, più o meno occulto, dei mezzi d'informazione di condizionare il pubblico. Basti pensare alla fine ingloriosa di regimi e dittatori che disponevano, in assoluto, di tutti i mezzi d'informazione. [...] i mezzi d'informazione certamente agiscono sulle opinioni ma non sono in grado di condizionare i comportamenti degli uomini: sono altri i motivi, alcuni noti altri meno, che stanno alla base delle nostre azioni. [...] debbo ribadire la complessità del fenomeno opinione pubblica fatto di mille sfaccettature perchè di mille sfaccettature è fatta la mente umana."

venerdì 26 aprile 2013

Grafologia





L'armonia geometrica dalla natura si trasfonde agli esseri viventi e all'uomo fornendogli gli strumenti scientifici per misurare e correggere le anomalie. Toddi Il Benessere integrale De Carlo editore 1948.
(3- continua)

Lunedì: Giuseppe Ragnetti e l'opinione pubblica

mercoledì 24 aprile 2013

Recondite armonie



Proseguiamo la pubblicazione di stralci di pagine attinenti o complementari alla disciplina demodoxalogica. Oggi è ancora Toddi Il Benessere integrale, De Carlo editore, Roma 1946. 
(2 - continua)

martedì 23 aprile 2013

Post quirinarie

Per affrontare il futuro verso cui stiamo andando (che si prospetta assai diverso dal presente, come ogni epoca storica) e aggredire le difficoltà economiche del Paese i parlamentari si sono messi nelle mani del presidente Giorgio Napolitano. Avranno pensato: meglio un usato sicuro che qualcosa di nuovo e, in un certo senso, non gli possiamo dar torto. Ma quello spiritello maligno che è dentro di noi, e che ogni tanto si risveglia, ci suggerisce che più che al Paese abbiano pensato a tenere bene in caldo i posteriori per altri sette anni, ben sapendo come il capo dello Stato sia contrario ad elezioni elettorali a cascata.
Visto come sono andate le cose ci chiediamo se dal cilindro oltre alla saggezza dell'ottantaseienne (ultranovantenne fra sette anni) non avrebbero potuto far uscire un settantenne con esperienza politica internazionale, magari donna ma con tanto di c..... per aggredire amici, nemici e le incrostate situazioni che attanagliano il nostro Paese e l'economia. Riteniamo che stante il momento storico non servano decisioni condivise ma grinta e decisionismo: il grillismo (spirito di ribellione) lo si combatte con altrettanto spirito di rottura nel riformare le istituzioni ormai non più all'altezza dei tempi. Aggredire la paura, i clan d'interesse, le rendite parassitarie, la confusione ideologica e la connivente oppressione di gerarchie che dell'Italia ne hanno fatto il loro angolo di paradiso terreno.
Il Pd, l'unico partito sopravvisuto al terremoto della prima repubblica, non è più adatto ai tempi che verranno. Occorre una sinistra diversa, giovane, non impregnata ideologicamente ai vecchi schemi del social-comunismo e nuova nelle cariche politiche (cioè senza legami con compagni di merenda partitici, religiosi o economici). Non siamo renziani ma neanche contrari in quanto ci rendiamo conto che serve un giovane (magari di spirito) con idee nuove (che si possono avere anche a novantanni dopo aver ripudiato le vecchie). Il buon Pierluigi Bersani, con la sua politica del vogliamoci bene e veniamoci incontro, è ormai entrato nelle icone del secolo scorso di "Peppone e don Camillo" andando a far compagnia ad Achille Occhetto e Walter Veltroni
I tre candidati del Pd per il Quirinale sono stati impallinati (come ai bei tempi della Dc) dai loro compagni di partito. Un partito che è divenuto la sommatoria di un quazzabuglio di vecchie cariatidi, di portaborse in cerca di un loro spazio,  di giovani capitati per caso, di vecchi lestofanti e nuovi arrampicatori, ove ogni categoria ci ha messo del suo. Lo scontro si riassume tra e dentro gli appartenenti alla giovane generazione (i cosiddetti giovani turchi in ricordo dei rivoluzionari della Turchia che portarono il paese sulla strada della modernità ed i seguaci di Matteo Renzi) e i dirigenti che sono alla guida del partito (che ha mutato solo nome e simbolo) da oltre trent'anni; così come c'è lo scontro dentro la categoria culturale tra cattolici, laici e vecchi socialcomunisti. Sfruttando le contrapposizioni ogni capo-corrente ha fatto mancare i voti all'altro nella speranza o architettura strategica di poter, alla fine, far spuntare il suo uomo dopo il logoramento degli altri. Non ditemi, tanto per citare tre nomi importanti a solo titolo di esempio, che Massimo D'Alema o Renzi e persino Napolitano non abbiano in seno al partito dei fedelissimi seguaci che immaginavano sulla poltrona del Colle il candidato espresso dal loro gruppo. 
Il caso di Stefano Rodotà è chiarificatore, anche alla luce delle dichiarazioni di Fabrizio Barca: se il Pd avesse votato per Rodotà, quindi aggiunto i suoi voti, quando lo hanno votato compatti (dopo averlo annunciato pubblicamente) i grillini ed il Sel Rodotà sarebbe risultato eletto al posto di Napolitano. Perché l'improvviso cambiamento di rotta? C'è qualcosa che non quadra.

domenica 21 aprile 2013

Premio alla carriera

Come nei migliori festival artistici abbiamo assistito al tentato conferimento del "premio alla carriera" a tre cariatidi della politica: Franco Marini, Stefano Rodotà e Romano Prodi promuovendoli al vertice dello Stato. In un certo modo anche il plebiscitato Giorgio Napolitano con la riconferma ha avuto il super-premio alla carriera, però se guardiamo al panorama che ci attendeva possiamo essere contenti anche se non possiamo parlare di rinnovamento, necessario per capire i fermenti della società. 
Nei giorni scorsi avevo guardato con interesse le maratone televisive con le dichiarazioni dei parlamentari, dei commentantori e dei giornalisti ricavandone interessanti argomentazioni.
Il Pd, anche se ha mutato più volte nome e simbolo, è l'unico partito della prima repubblica sopravvissuto a mani pulite, nel senso che la gerarchia da allora ad oggi, seppure con un piccolo inserimento di ex Dc, non è cambiata. Un partito ed una democrazia sopravvivono solo se, nel tempo, mutano le dirigenze; per il Pd è ora di chiudere i legami con il passato: di rinnovarsi veramente o spaccarsi, cioè perire!
Rispetto alla prima repubblica nulla è cambiato nelle contrattazioni per le votazioni ai vertici delle istituzioni: i capi delle correnti interne ai partiti venivano chiamati dal segretario, da qualche cardinale o autorevole ministro e consigliati di far votare il loro gruppo per questo o quello: sempre nello spirito di una democrazia partecipata! L'ex ministro Clemente Mastella ha confermato che per controllare il voto dei parlamentari (o far capire al candidato da quale gruppo provenivano i voti) le varie correnti politiche esprimevano le preferenze nel modo seguente: F. Tizio, Francesco Tizio, Tizio F, Tizio Francesco, Tizio, ove ad ogni abbinamento di nome e cognome corrispondeva un gruppo di elettori.
Le novità, rispetto al passato, sono state le spontanee manifestazioni di piazza e i messaggi su twitter, questi ultimi spesso sgrammaticati, provenienti da sconosciuti o malati di twittermania; per il popolo in piazza (eccetto la convocazione contro il golpe organizzata da Beppe Grillo) davanti al Parlamento c'erano più bandiere, cartelli e parlamentari che cittadini e, quei pochi, proprio perché non potevano dire di noi al politico che li aveva convocati in quanto ancora in attesa del favore chiesto o per gratitudine per un recente interessamento.
Tra i gossip c'è chi ha sostenuto che per l'appoggio a Napolitano il Pdl ha chiesto la nomina di senatore a vita per Silvio Berlusconi e i prodiani-renziani quella per Prodi. Altri hanno avanzato la proposta che, passato il primo semestre o riformata la legge elettorale, il Presidente potrebbe sciogliere le Camere ed indire nuove elezioni. Altri ancora che il Presidente, forte del rinnovo del mandato, imponga il suo governissimo.

giovedì 18 aprile 2013

La scalata del Quirinale

Da stamane gli oltre mille rappresentanti della Nazione e degli italiani si accingeranno ad eleggere il nuovo capo dello Stato. Rappresentanti virtuali degli italiani poiché in effetti non rappresentano, nella  loro funzione parlamentare, il popolo che li avrebbe dovuti eleggere ma gli interessi delle varie confraternite di appartenenza; per fortuna varie poiché vuol dire che ancora c'è almeno la democrazia invece di una o due parrocchie che accordandosi tra loro potrebbero imporre un regime forte, al limite della dittatura. Un capo dello Stato scelto a tavolino tra due o tre personaggi rappresenterebbe solo il garante dell'accordo di spartizione del Paese fra i compari che lo avranno imposto ai loro deputati-sudditi.
Ascoltando i commenti dei cittadini che si svolgono nei mezzi pubblici, ai supermercati, alla posta e così via si deduce che il popolo vorrebbe un capo dello Stato onesto e coerente, garante di tutti in quanto super partes, competente per aver avuto un'esperienza politica e presentabile all'estero. Nei sondaggi delle agenzie di campionamento il nome che circola di più tra gli italiani è quello di Emma Bonino. In parlamento, invece, si fanno altri nomi, vediamone qualcuno.
Milena Gabanelli bravissima giornalista televisiva che a Report ha dimostrato di saper scoprire altarini non avendo riguardi per nessuno, forse la vogliono togliere dalla Rai per ingabbiarla al Quirinale insabbiando una trasmissione scomoda?
Stefano Rodotà è un insigne giurista trasmigrato nell'ex Pci e accolto, nei suoi primi esordi politici, nella sezione di Monte Mario a Roma da distinti signori abituati a particolari strette di mano: che Massimo D'Alema e il suo avversario-amico Silvio Berlusconi (notoriamente ex massone) lo vedano volentieri al Colle mi rende perplesso: sento aria di inciucione.
Romano Prodi risponde a tutti i requisiti elencati all'inizio, inoltre è ben accetto sul piano internazionale, forse troppo: è un pacioccone accondiscendente alle proposte dei commissari della Cee e degli organismi finanziari. Noi, stante la grave situazione economica del Paese, dovremmo invece mercanteggiare con grinta un diverso rapporto con i poteri europei. E' anche un fervente cattolico e, come tale, saprebbe svincolarsi da una Chiesa sempre più rapace (per dirla come Massimo Teodori autore dell'omonimo libro) in un'epoca nella quale si va verso la separazione tra stato e chiesa?
Franco Marini ha trascorso la sua vita nel sindacato godendone i benefit (alloggio nell'elegante quartiere dei Parioli a prezzo equo, liquidazione piena di funzionario statale per un breve periodo di lavoro, pensionamento da parlamentare, ecc.), saprà nella eventuale nuova veste trarre ammaestramento dagli errori del passato e porre le debite equidistanze dagli ex compagni sindacalisti?
Su qualsiasi nome di candidato, come direbbe il cardinale Armand-Jean du Plessis de Richelieu primo ministro del re Luigi VIII di Francia, datemi dieci righe da lui scritte che saprò ricavarci gli argomenti per sottoporlo al giudizio degli inquirenti. Pertanto è difficile scegliere un nome ma se ci sono riusciti i cardinali, pur tra forti contrasti interni alla Curia e nello Ior, perché non potrebbero riuscirci le mille teste (si presume e si auspica pensanti) che si riuniscono a palazzo Madama?
Il socialista Sandro Pertini, che è stato un presidente rimpianto dal popolo di ogni schieramento ideologico, fu eletto nonostante l'opposizione di molti colleghi di partito. Gli altri parlamentari  videro in lui un uomo integro e giusto e si ribellarono alle pressioni contrarie svolte dagli inciucioni, sapranno gli attuali parlamentari scegliere con la loro testa e in assonanza col popolo?

mercoledì 17 aprile 2013

Siamo maturi?

Negli Usa quando un cittadino, debole di mente o giunto al limite della sopportazione, vuole esprimere tutta la sua rabbia per l'ingiustizia patita o il risentimento contro qualcuno o qualcosa, oppure per la frustrazione causata dallo stato di indigenza, ecc.,  imbraccia un fucile e se la prende con i concittadini sparando sui passanti o in una scuola. Però negli Usa di fronte a fatti del genere la popolazione (democratica o repubblicana, cattolica o protestante, bianca o di diversa origine) si compatta in un solo popolo per superare il tragico fatto.
Da noi per protestare contro la disoccupazione, la cattiva amministrazione e tutti gli altri ammennicoli (in una parola per dare sfogo all'insofferenza) votiamo il movimento di Beppe Grillo, proponendolo addirittura per la poltrona del Colle (se non fosse inelegibile per una macchiolina nel casellario giudiziario). Quindi il popolo italico - dopo gli attentati degli scorsi decenni attribuiti alla mafia o con la complicità di qualche manina nello Stato - ha superato la fase del ricorso alla violenza per optare per la rivoluzione morbida verso la conquista delle istituzioni.
Possiamo dire di essere più maturi?

martedì 16 aprile 2013

C'è sempre un prima

Prima di dar vita al partito personale Beppe Grillo aveva tentato, anni fa, di concorrere alle primarie del Pd; fallito lo scopo si è inventato il Movimento cinque stelle. Specialmente nell'Italia settentrionale sin dagli anni '60 dello scorso secolo, con un crescendo sempre più massiccio, erano sorti moltissimi movimenti civici autonomi che esprimevano qualche consigliere comunale; il comune denominatore era l'insofferenza verso il centralismo della politica che sapeva solo tassare ma non vedere le esigenze locali; la furbizia di Umberto Bossi fu quella di impossessarsi di una nascente formazione politica che stava federando l'insofferenza nordista. Con l'arrivo del prof. Gianfranco Miglio nel 1994 la Lega ebbe il suo teorico politico che seppe dare al movimento l'ossatura ideologica capace di resettare tutte le anime del movimento che erano, in un certo senso,  rivoluzionarie in quanto separatiste.
Anche Silvio Berlusconi ebbe un prima: la rivolta dell'opinione pubblica contro i partiti fomentata proprio come capofila dal Tg4 di Emilio Fede seguito da tutti gli altri mass-media. Da abile venditore commerciale qual è Berlusconi ha eretto il suo feudo politico sull'insofferenza dei cittadini per le vessazioni fiscali e la cattiva amministrazione ma ha saputo accompagnare tale insofferenza ad un miraggio di riscatto, con proposte - sempre quelle perché quelle vuole il popolo - di detassazione, libertà, sviluppo economico. Promettere è facile, realizzare è difficile ma il popolo dimentica presto il passato e, ogni volta, è affascinato dai pifferai di turno e li segue volentieri; non tutto il popolo: quello più sprovveduto, che ama parlare, criticare, ascoltare le solite frasi e lasciarsi suggestionare dall'enfasi delle immagini e delle parole; in fondo tutti i trascinatori delle folle sono stati abili parlatori e altrettanto coreografi (manifestazioni di piazza con vessilli, enormi cartelloni, musica, bandiere, ecc.). Accessori che affascinano tuttora, pensiamo alle adunate sindacali e quelle partitiche accompagnate anche dal cestino viaggio e confortevoli pulmann.
I tempi però cambiano, la tecnologia avanza: la Rivoluzione francese e quella comunista si fecero con i morti in piazza, la prossima verrà dalla Rete nel senso che il popolo attribuirà un'eccessiva importanza a quello che troverà su internet considerandolo vero e giusto, come ai tempi del primo Novecento quando si diceva "c'è scritto sul giornale" per affermare il vero assoluto della notizia.
Una verità successivamente attribuita alla televisione e ora alla cosiddetta Rete. Senza riflettere che, dietro la tecnologia (dai giornali al tablet) ci sono sempre dei personaggi (pochi, pochissimi) che strumentalizzano il mezzo per fini personali di ricchezza o comando. I nomi, partendo dalla Rivoluzione francese, metteteli voi.

lunedì 15 aprile 2013

Mala tempora

Chi ci segue sa che abbiamo sempre sostenuto che i comportamenti sono la conseguenza degli stereotipi che, a loro volta, derivano dalla tecnica e dalle ideologie dell'epoca che contribuiscono, in modo determinante, a formare la società.
Prendendo spunto da alcuni riferimenti di mutazioni sociali in corso possiamo delineare il futuro prossimo che è dietro l'angolo, un futuro ben diverso dal passato. Qualcuno potrebbe dire in peggio, specie le persone di una certa età, ma noi preferiamo non esprimere giudizi di valore anche se, in un certo senso forse anche a causa dell'età, non vediamo il futuro roseo; può darsi anche perché non l'abbiamo ancora capito.
Partiamo dalla lettura dei giornali tradizionali e cartacei quotidiani e settimanali, come Panorama, L'Espresso, Corriere della Sera, Il Sole-24Ore, Il Tempo, ecc. per constatare che in questi ultimi anni la diffusione (stampa e lettura) degli stessi è calata in modo vertiginoso: i settimanali dal mezzo milione di copie sono scesi poco sopra le centomila, il quotidiano della Confindustria dalle cinquantamila alle ventimila, Il Tempo è intorno alle diecimila copie; solo per citarne qualcuno. Tale fenomeno dovrà pure avere una spiegazione: l'avvento della tv e dei tablet, la moltiplicazione delle piccole testate ...... mettiamoci tutto quello che vogliamo ma la predominanza dell'immagine è evidente, infatti nei nuovi settimanali troviamo solo foto e pettegolezzi in linea con le trasmissioni televisive di intrattenimento. 
Alla XLIX Riunione della Sips (Siena 1967) nella relazione Movimenti e rapporti tra opinione pubblica e valori spirituali e sociali del patrimonio artistico, storico e culturale dopo aver rilevato che "l'invasione di visioni" da parte del cinema, televisioni e giornali illustrati - che della vita e della cronaca ne avevano fatto un immenso teatro - avrebbero esercitato "un forte condizionamento" non solo sulla creazione artistica ma anche sul "modo di vedere e di sentire gli avvenimenti e i problemi del nostro tempo".
Infatti la lettura ci ha educato, nei secoli, a "leggere e pensare in solitudine" (vedasi le argomentazioni di Marshall McLuhan) riscoprendo l'individualismo dell'uomo-lettore e la correlazione causa-effetto; la lettura, come un sintagma, ha associato il pensiero, la meditazione e l'argomentazione liberandoci dalle convenzioni, i pregiudizi, la prepotenza dei poteri. L'immagine ci dà l'illusione di vivere nel villaggio globale, di partecipare agli avvenimenti contribuendo al loro evolversi mentre non siamo altro che spettatori, suggestionati dagli impulsi provenienti da una rete di circuiti elettrici che ha avvolto il mondo in una ragnatela di "coscienza istantanea" (McLuhan), disabituandoci alla lettura, al pensiero, all'argomentazione e alla causa-effetto. Siamo vittime passive del Ragno che ormai ci ha avvolto nel circuito elettrico e seguiamo senza riflettere i pifferai di turno. In un certo senso la stessa cosa fecero i seguaci di Gesù, di Karl Marx, di John F. K. Kennedy e gli altri. Ma ci sono oggi, e chi sono, i traghettatori verso la nuova era?

venerdì 12 aprile 2013

Ricordanze

Oggi, con la riproduzione di una pagina del libro di Toddi (Pietro Silvio Rivetta conte di Solonghello-Piemonte) iniziamo un percorso sincronico (filosofico-esoterico) denominato ricordanze che ci ha accompagnato nei nostri studi paralleli di demodoxalogia contribuendo allo sviluppo della disciplina e ad una maggiore comprensione della realtà che ci circonda. (Il benessere integrale, De Carlo editore 1946)
(1 - continua)

giovedì 11 aprile 2013

Tornare al voto?

Chi si occupa di politica, dal versante dei partiti e da quello dei giornalisti, sostiene che stante l'attuale situazione di incertezza - per la difficoltà di un accordo duraturo per tutta la legislatura tra i due maggiori partiti tradizionali - sarebbe meglio tornare alle votazioni, magari modificando la legge elettorale o ripristinando il porcellum. Secondo gli assertori del ritorno al voto, una parte degli elettori dei grillini ritornerebbero nell'alveo dei partiti dai quali erano fuggiti (Pd e Pdl) per inseguire il sogno di cambiamento di Beppe Grillo. In effetti questo è vero perchè il Movimento cinque stelle sinora ha dimostrato di essere quello che era nel corso della campagna elettorale: l'esasperazione distruttrice di un popolo in rivolta alla ricerca di un messia e di una nuova luce.
Una volta entrati nelle stanze delle istituzioni i grillini hanno conosciuto il disorientamento derivante dalla mancata conoscenza (o ignoranza) delle basilari regole di democrazia parlamentare, relative all'applicazione di regolamenti e prassi (scritte ed orali) del funzionamento delle istituzioni (commissioni, governo, poteri dei parlamentari, ecc.); così come nella presentazione delle proposte di legge che perlopiù devono fare riferimento a leggi in corso da richiamare o modificare e - soprattutto - nel caso di proposte di spesa (o variazione di spesa) indicare la fonte di finanziamento. Il mestiere del parlamentare non s'improvvisa: lo si apprende in aula o lo si studia nelle scuole di partito, se non si è fatta la trafila di consigliere comunale, sindaco o assessore regionale.
Tornare al voto non è la soluzione giusta per il Paese che ha bisogno di un governo subito per far fronte non solo ai problemi interni ma agli impegni di rappresentanza ed economici internazionali per non essere preda di una spirale di declino economico che ci porterebbe allo stesso piano della Grecia. Occorre un governo duraturo che dia l'impressione di saper uscire dal pantano in cui i partiti si sono immersi.
Nuove elezioni vorrebbero dire stallo per qualche mese, mancata credibilità internazionale e conseguente riflesso negativo sul mercato finanziario e sugli investimenti esteri. Inoltre votazioni a distanza di pochi mesi l'una dall'altra cambierebbero di poco l'instabile equilibrio del parlamento, l'elettore ballerino può girare a destra, a sinistra o starsene a casa. Cosa vogliono i partiti?
Meglio sarebbe, dopo qualche anno di pausa con un governo sostenuto dalle forze politiche, prevedere una legge elettorale basata sul doppio turno: ballottaggio fra i due candidati più votati, con un premio di maggioranza per consentire al governo di navigare in acque tranquille.

mercoledì 10 aprile 2013

Il disorientamento della politica

A sentire le dichiarazioni dei politici e le cronache dei giornalisti si ricava che siamo nel più profondo disorientamento, ogni leader parla all'altro leader ma non ascolta quello che l'avversario dice o lo interpreta a modo suo, i punti di contatto sui quali iniziare un percorso di avvicinamento ci sarebbero ma ogni formazione politica mette prioritariamente i suoi paletti. E' un momento in cui non sembrano esistere i poteri istituzionali: il capo dello Stato ha finito il mandato, il governo di Mario Monti è in attesa di dare le chiavi al successore, i presidenti della Camera e del Senato presiedono delle gabbie vuote, nel senso che in assenza di governo e costituzione delle commissioni parlamentari il loro ruolo è di sola rappresentanza. 
Per sfuggire a questo stato di attesa e ansia (specie per i riflessi sul mercato internazionale) molti invocano (pur non credendoci ma solo per spaventare l'avversario sbandierando sondaggi) il ritorno alla cabina elettorale. Ma sia l'attuale sistema di votazione che il ritorno al porcellum darebbero dei risultati elettorali non molto difformi (nella sostanza) dall'attuale situazione di instabilità, premesso che i parlamentari eletti (per ovvi motivi) non avrebbero nessuna intenzione di rimettere in gioco il comodo scanno.
Il Paese si trova in presenza di un cambiamento radicale: istituzioni con potere limitato, economia in dissesto come se uscisse da una guerra (in questo caso economica), cittadini arrabbiati o disorientati facile preda di qualsiasi cialtrone che prometta irraggiungibili soluzioni. E' la classica situazione pre/post bellica ove ognuno arraffa ciò che può e scappa.
Intanto i cittadini onesti (perlopiù pensionati e lavoratori dipendenti) con il loro 52% di imposte versate allo Stato si accollano i debiti fatti da una pessima amministrazione, oltre che da una criminale prassi dell'evasione, elusione, concussione e favoritismi che - al pari della criminalità organizzata - stanno portando il Paese verso il baratro.
Secondo gli organismi internazionali l'Italia è all'ultimo e penultimo posto (in Europa) per stanziamenti in favore della cultura e dell'istruzione: pur avendo il maggior numero di siti archeologici e uno storico passato di splendore artistico e geni di fama internazionale nelle scienze naturali e sociali.
In rapporto alle spese degli altri paesi europei noi destiniamo, sempre secondo fonti internazionali,  il triplo alle forze armate pur avendo ripudiato - secondo la Costituzione - la guerra, per pagare armanenti esteri (per es. i  famosi cacciabombardieri Usa), inutili alti ufficiali, auto di servizio, attendenti, scorte di magazzino ed alloggi per le famiglie. Siamo secondi dopo la Grecia.
Intanto il patrimonio ambientale va in dissesto, la sanità pubblica non corrisponde alle necessità degli ammalati, la disperazione dei non aventi reddito sfocia nei suicidi.
Codeste sono le priorità sulle quali i cittadini attendono soluzioni e non i balbettii politici su chi dovrà andare ad occupare le poltrone o se sia meglio tornare al voto o fare governi con tizio ma senza caio. Nei grandi momenti di crisi, come l'attuale, o si va a picco nello sprofondo o si risorge imboccando una strada nuova: cosa vogliamo fare?

martedì 9 aprile 2013

La fragilità dei grillini

I nostri comportamenti si uniformano inconsciamente agli stereotipi (modelli) presenti in quel determinato frattale (porzione di territorio) in base alle condizioni fisiche (età, stato di salute) e sociali (posizione, istruzione, reddito) del soggetto. Nella generalità dei casi, al momento del voto l'elettore è motivato da tre percezioni: il bisogno, l'aspettativa e i valori.
Per un lavoratore dipendente, precario o non occupato l'aspettativa di un futuro migliore la si colloca nello stereotipo familiare, sociale o territoriale di quei valori condivisi (o che sono stati lungamente condivisi) che derivano da ideologie cosiddette di sinistra diffuse dai sindacati, dal socialcomunismo o, addirittura, dal fascismo o movimenti rivoluzionari. Non ha importanza se esistano ancora formazioni politiche che facciano riferimento a tali ideologie, la sostanza è che l'elettore percepisce ancora tali impostazioni attribuendogli una forza salvifica.
Ugualmente un artigiano, bottegaio o piccolo imprenditore, vessato dalle tasse o dalla crisi economica, viene affascinato dal concetto di libertà diffuso da un determinato settore politico adattandolo alle sue aspettative di una maggiore libertà di impresa (licenziamenti, minore certificazione e tassazione).
In sostanza, per l'elettore, i valori non sono univoci ma percepiti e trasformati in base alla posizione sociale (cultura, reddito) del soggetto. Per questo motivo una grande parte di elettori percepisce i valori, nei quali identificare l'espressione del voto, di volta in volta in modo diverso; non tanto per l'aspettativa che è l'unica variabile delle tre (bisogno, aspettativa, valori) soggetta alla minore oscillazione ma per quella forza di suggestione che prescinde dal logos (educazione/ragionamento) per affidarsi (come risposta al bisogno materiale o sociale) al pathos (emozione/sentimento).
Beppe Grillo è un attore satirico che da sempre, nei suoi spettacoli teatrali e televisivi, ha dissacrato le istituzioni, i comportamenti sociali e le ipocrisie (così come fece ai suoi tempi lo scrittore Max Nordau con Le menzogne convenzionali della nostra civiltà) conquistandosi una larga fetta di pubblico. Sceso in politica in un momento favorevole di anelito al cambiamento al limite della rottamazione (Matteo Renzi) o della rivoluzione sociale (Antonio Ingroia) ha saputo rastrellare l'elettorato degli arrabbiati (disoccupati, tartassati, marginalizzati) e quelle frange di cosiddetti disinformati che, navigando sulla Rete, hanno da sempre oscillato tra una visione ecologica (non supportata da un'esplicazione tecnologica concreta) e l'insoddisfazione sociale. Pertanto così come l'insuccesso di Antonio Ingroia è dovuto alla mancanza di una percezione consolidata di valori a sostegno della pacifica rivoluzione sociale attraverso le istituzioni, anche Grillo ha un elettorato effimero poiché le aspettative dei suoi fans non hanno risposta dalla percezione di un valore (credenza consolidata in una ideologia politica, economica o religiosa) che si realizza nel sociale in breve tempo.
Forse è questo il motivo per il quale i parlamentari grillini sono indottrinati come se fossero una setta religiosa o una confraternita di incappucciati o massoni: il capo li sta educando all'ideologia fantascientifica di Gianroberto Casaleggio. Ma una cosa sono i parlamentari  (eletti per un capriccio delle causalità favorevoli) e un'altra i cittadini confusi, arrabbiati e disinformati. La ruota gira per tutti, sono tramontate ideologie, spariti partiti e leader, profeti e affabulatori; il mondo sta cambiando rapidamente di pari passo con le scoperte della scienza. Cambieranno anche le istituzioni in conseguenza del mutamento degli stereotipi.

lunedì 8 aprile 2013

Verità scomode

Pier Luigi Bersani ha tentato di formare un governo non riuscendoci, lo ha fatto sapendo di andare incontro ad enormi difficoltà e quindi con spirito di sacrificio, nonostante ciò è ancora disposto a sacrificarsi pur di dare un governo al Paese. Anche Silvio Berlusconi, nonostante la distanza politica che lo separa dal leader del Pd, è pronto nell'interesse dell'Italia a sacrificarsi per entrare in un governissimo Pd-Pdl. Pur non avendo i voti necessari Beppe Grillo vorrebbe formare un governo allineato sulle posizioni grilline, cioè senza il concorso dei partiti tradizionali. Tutti e tre si rendono conto della difficile situazione economica che il Paese dovrà affrontare e degli impegni presi con la Cee, nonostante ciò sono pronti ad assumersi la responsabilità di traghettarci verso lidi migliori. Ad un altro verrebbe in mente la frase: ma chi me lo fa fare?
Che sia solo spirito di sacrificio? Ci permettiamo di dubitare ricordando il motto andreottiano "a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina". Secondo una prassi anteriore alla nascita della cosiddetta seconda repubblica i politici di un certo prestigio che sentivano aria di inchieste parlamentari o giudiziarie, per casi in cui si erano trovati casualmente e inconsapevolmente coinvolti, venivano messi al riparo con promozioni sul campo come ministri, presidenti di commissione o altro. Sino a poco tempo fa il singolo magistrato che aveva delle carte in mano sulle quali chiedere delle semplici delucidazioni si trovava in difficoltà a convocare un "onorevole" (quando andirittura non era il procuratore capo a suggerirgli di lasciar stare). C'è voluto Antonio Di Pietro e la procura di Milano per abbattere la prassi di questa cortesia reverenziale. La prassi era divenuta talmente quotidiana che a Roma dovettero addirittura promuovere il capo della procura assegnandogli una diversa sede.
Ci sono state le vicende del Monte dei Paschi di Siena dopo l'Unipol e qualche altro fattarello di minore attenzione, così come sono noti i casi giudiziari di Berlusconi e della Mediaset, possibile che non abbiano nessuna correlazione con lo spirito di sacrificio che è alla base delle trattative delle presidenze delle commissioni parlamentari, del governo e del capo dello Stato?
Nè i grillini possono ritenersi esclusi da ragionamenti  del genere (d'accordo, pensieri perversi ma in linea col motto andreottiano) poiché sono personaggi ancora sconosciuti. Per la legge della statistica ci sarà pure qualcuno incappato nelle maglie della magistratura o della finanza non risultando online il certificato dell'antimafia e quello dei carichi giudiziari e pendenti. Se fossero tutti celestiali (come amava definirsi Roberto Formigoni non per il colore della camicia) dovremmo gridare al miracolo e inchinarci di fronte ai nuovi santi osannando al mutato clima, in linea con l'avvento di papa Francesco che ci fa intravedere un futuro diverso.

giovedì 4 aprile 2013

Chi bara?

Se quattro compari decidono di giocare a carte vuol dire che conoscono e accettano le regole del gioco. Alla fine del gioco e del conteggio dei punti nessuno potrà dire che, a suo parere per quel che conosce del gioco, il sette di denari vale un punto in più. Così, se si concorre alle votazioni politiche lo si fa con la legge in corso che, nel nostro caso, dà un premio di maggioranza all'aggregazione che ha preso un voto in più degli altri: non valgono pertanto le lamentele di chi poi dice che ha concorso da solo prendendo più voti dell'aggregazione vincitrice e pertanto è il vincitore virtuale. Quando si partecipa a qualsiasi gara valgono le regole in vigore all'inizio della stessa.

mercoledì 3 aprile 2013

Divagazioni demodoxalogiche

"Sapete chi sarà il terzo marito di una donna il cui primo marito (russo) la picchiava e il secondo (ingegnere) la tradiva?" amava chiedere lo scrittore del Novecento Pitigrilli (Dino Segre), dando come risposta "un ingegnere russo". Il paradosso fotografa il corso della storia personale e dei popoli, nel senso che le vicende e gli errori si ripetono a prescindere dai buoni propositi. Ovviamente gli eventi non sono mai uguali ai precedenti ma nascono da motivazioni simili, da spinte emotive o razionali confrontabili con il precedente tratto di storia (personale o collettiva).
Nei secoli, o addirittura nei decenni, mutano le ideologie, la tecnica, il potere e le usanze ma restano le pulsazioni che sono alla base del vivere quotidiano della comunità. Un semplice esempio ricavato (disegno in alto) dalla corposa ricerca effettuata dallo Hudson Institute a partire dalle città greche al tempo di Aristotele sino al 1967 (L'anno duemila, il saggiatore di Mondadori 1968) ci dice che dopo una feroce dittatura, attraverso un movimento di massa, si passa alla democrazia che, nel tempo, contribuirà alla creazione di principati o fazioni in lotta fra loro per conquistare l'egemonia col risultato di ricreare una sorta di dittatura; ricominciando quindi il ciclo. In tempi di governo autoritario il ciclo economico è prevalentemente in recessione, con la democrazia si accompagna una economia ed una cultura fiorente. Non sempre l'ideologia e la scienza procedono di pari passo ma l'una influisce sull'altra contribuendo allo sviluppo di entrambe, così come il potere (nelle sue molteplici forme giuridico-sociali-religiose) molto spesso sopravvive ai mutamenti per anni e anni prima di cedere il passo ad una diversa forma. Prendendo esempio dalla Chiesa romana possiamo dire che per una lunga sopravvivenza il potere necessita di una ideologia portante, accettata dai sudditi e nel contempo il possesso di beni territoriali e materiali (denaro, beni immobili, rappresentanze), cioè potere temporale (terreno) e spirituale (metafisico). Infatti tutte le dittature si sono poggiate su ideologie sociali accompagnate da dimostrazioni coreografiche di potenza.
Il passaggio da un tratto di storia all'altro (esempio: dittatura/democrazia) nei paesi ad economia occidentale non avviene più con le manifestazioni di piazza o le insurrezioni (caratteristica dei secoli scorsi e dei popoli ad economia per lo più agricola o pre-industriale) ma attraverso strumenti finanziari (tagliando il paese dai circuiti finanziari) e campagne mediatiche dei mass-media. Così come il nuovo ordine mondiale (vaticinato in  molti ambienti, dalla massoneria internazionale al Vaticano)  si tende ad instaurarlo attraverso personaggi di fiducia nei posti chiavi, dando all'esterno una parvenza di trasparenza.
Se esaminiamo i periodi in cui hanno governato le dittature europee (Italia, Spagna, Germania, Urss) dobbiamo convenire che furono anni di passaggio da paesi prevalentemente agricoli all'industrializzazione (già in atto in Germania) quindi da una società semplice e semianalfabeta (in modo minore per la Germania) ad una società maggiormente consapevole dei propri diritti e dell'identità nazionale. Dobbiamo inoltre convenire che l'avvio verso un paese industrialmente maturo necessita di una programmazione verticistica e di capitani d'industria, per l'appunto "capitani" cioè manager con cipiglio duro e vocazione avventuristica, al contrario del tranquillo percorso della vita agricola. Due comportamenti inerenti alle diverse mentalità afferenti la vita quotidiana dettata dalle diverse tecnologie e ideologie scaturite da un'epoca conseguente alla mutata economia e ai differenti rapporti sociali. Un'epoca storica che ha contribuito alla coagulazione della popolazione, attraverso i sindacati, le lotte sociali e la propaganda del regime in carica ma che, alla lunga, ha dato il via alla richiesta di libertà e d'innovazione, cioè all'anelito di democrazia.
Dopo la società industriale e post industriale, che ha visto il consolidarsi del parlamentarismo democratico (anche nella frantumata Urss  in vari stati autonomi e con vari gradi di passaggio verso una democrazia accettabile), siamo passati nella società dell'informatica e, pertanto, assisteremo ad un'altra riconversione del sentire comune in conseguenza della mentalità imposta dalle nuove tecnologie. Due sono gli sbocchi ipotizzabili: o un ritorno a regimi verticistici oppure un'anarchismo travolgente basato sulla distruzione del vecchio parlamentarismo per favorire (ma in che modo?) le istanze della piazza, oggi sostituite (?) dalla cosiddetta Rete, dalle aggregazioni movimentiste su singoli temi e dagli strumenti di comunicazione.
Il passaggio sembrerebbe quasi maturo poiché anche l'informatica starebbe per passare dal pre al post: quindi un nuovo tipo di civiltà.
(23) continua

martedì 2 aprile 2013

Di male in peggio

Dopo vent'anni di disastri causati dai politici, gli italiani, lo scorso anno, hanno accettato con enfasi e somma fiducia l'arrivo di un governo tecnico che avrebbe salvato il Paese. Neppure questo è stato sufficiente, quindi niente politici, niente tecnici: sul mercato della politica non c'era che provare il guru Beppe Grillo che da anni contestava il sistema ed i personaggi in carica facendo intravedere (e sperare) un Paese migliore. Alla prova dei fatti il Movimento cinque stelle è stato capace solo di dire no a tutto, con una testardaggine degna di miglior menzione, senza proporre alternative compatibili. In campagna elettorale si erano distinti nel dire no alla tav, agli inceneritori, al finanziamento e rimborso elettorale, all'Europa, ai provvedimenti economici e così via sino all'astenersi dall' intervenire nei dibattiti televisivi. No a tutto criticando tutti e tutto. Essendo nel pieno della propaganda elettorale la messa in scena del comico, improvvisatosi politico, la si ritenne pura demagogia per catturare i consensi necessari per inviare un manipolo di grillini in Parlamento ma, alla prova dei fatti, (nonostante il grande successo che avrebbe dovuto consigliare saggezza politica) anche l'astro nascente della politica nostrana si è rivelato come i tecnici e i politici tanto criticati: cioè un chiacchierone inconcludente. Hanno solo saputo dire di voler gestire loro il governo. Cittadini come noi, che non hanno mai messo il naso nelle stanze del potere, ove si svolgono negoziati spesso al limite della decenza, o avvocati di provincia (estranei alla sottile prassi della giurisprudenza costituzionale) non possono ricoprire cariche istituzionali senza aver prima gestito commissioni parlamentari, elaborato proposte di legge, confontato i problemi e le teorie economiche e sociali con le altre formazioni politiche: non è sufficiente essere onesti, occorre essere preparati per ricoprire certe cariche, avere esperienza legale-amministrativa e conoscenza dei retroscena che si svolgono nelle stanze del potere.
Per superare la posizione negazionista dei grillini al Capo dello Stato non è rimasta che la scelta delle due commissioni di saggi per elaborare un programma su cui possano essere coinvolti i partiti tradizionali. Quindi dopo i politici, i tecnici e i messia siamo arrivati ai "saggi", di questo passo dove andremo a trovare i futuri politici e consulenti? Tra i super-saggi o santi, cioè dalle parti di san Pietro? A volte i rimedi sono peggiori del male.