mercoledì 10 aprile 2013

Il disorientamento della politica

A sentire le dichiarazioni dei politici e le cronache dei giornalisti si ricava che siamo nel più profondo disorientamento, ogni leader parla all'altro leader ma non ascolta quello che l'avversario dice o lo interpreta a modo suo, i punti di contatto sui quali iniziare un percorso di avvicinamento ci sarebbero ma ogni formazione politica mette prioritariamente i suoi paletti. E' un momento in cui non sembrano esistere i poteri istituzionali: il capo dello Stato ha finito il mandato, il governo di Mario Monti è in attesa di dare le chiavi al successore, i presidenti della Camera e del Senato presiedono delle gabbie vuote, nel senso che in assenza di governo e costituzione delle commissioni parlamentari il loro ruolo è di sola rappresentanza. 
Per sfuggire a questo stato di attesa e ansia (specie per i riflessi sul mercato internazionale) molti invocano (pur non credendoci ma solo per spaventare l'avversario sbandierando sondaggi) il ritorno alla cabina elettorale. Ma sia l'attuale sistema di votazione che il ritorno al porcellum darebbero dei risultati elettorali non molto difformi (nella sostanza) dall'attuale situazione di instabilità, premesso che i parlamentari eletti (per ovvi motivi) non avrebbero nessuna intenzione di rimettere in gioco il comodo scanno.
Il Paese si trova in presenza di un cambiamento radicale: istituzioni con potere limitato, economia in dissesto come se uscisse da una guerra (in questo caso economica), cittadini arrabbiati o disorientati facile preda di qualsiasi cialtrone che prometta irraggiungibili soluzioni. E' la classica situazione pre/post bellica ove ognuno arraffa ciò che può e scappa.
Intanto i cittadini onesti (perlopiù pensionati e lavoratori dipendenti) con il loro 52% di imposte versate allo Stato si accollano i debiti fatti da una pessima amministrazione, oltre che da una criminale prassi dell'evasione, elusione, concussione e favoritismi che - al pari della criminalità organizzata - stanno portando il Paese verso il baratro.
Secondo gli organismi internazionali l'Italia è all'ultimo e penultimo posto (in Europa) per stanziamenti in favore della cultura e dell'istruzione: pur avendo il maggior numero di siti archeologici e uno storico passato di splendore artistico e geni di fama internazionale nelle scienze naturali e sociali.
In rapporto alle spese degli altri paesi europei noi destiniamo, sempre secondo fonti internazionali,  il triplo alle forze armate pur avendo ripudiato - secondo la Costituzione - la guerra, per pagare armanenti esteri (per es. i  famosi cacciabombardieri Usa), inutili alti ufficiali, auto di servizio, attendenti, scorte di magazzino ed alloggi per le famiglie. Siamo secondi dopo la Grecia.
Intanto il patrimonio ambientale va in dissesto, la sanità pubblica non corrisponde alle necessità degli ammalati, la disperazione dei non aventi reddito sfocia nei suicidi.
Codeste sono le priorità sulle quali i cittadini attendono soluzioni e non i balbettii politici su chi dovrà andare ad occupare le poltrone o se sia meglio tornare al voto o fare governi con tizio ma senza caio. Nei grandi momenti di crisi, come l'attuale, o si va a picco nello sprofondo o si risorge imboccando una strada nuova: cosa vogliamo fare?