martedì 9 aprile 2013

La fragilità dei grillini

I nostri comportamenti si uniformano inconsciamente agli stereotipi (modelli) presenti in quel determinato frattale (porzione di territorio) in base alle condizioni fisiche (età, stato di salute) e sociali (posizione, istruzione, reddito) del soggetto. Nella generalità dei casi, al momento del voto l'elettore è motivato da tre percezioni: il bisogno, l'aspettativa e i valori.
Per un lavoratore dipendente, precario o non occupato l'aspettativa di un futuro migliore la si colloca nello stereotipo familiare, sociale o territoriale di quei valori condivisi (o che sono stati lungamente condivisi) che derivano da ideologie cosiddette di sinistra diffuse dai sindacati, dal socialcomunismo o, addirittura, dal fascismo o movimenti rivoluzionari. Non ha importanza se esistano ancora formazioni politiche che facciano riferimento a tali ideologie, la sostanza è che l'elettore percepisce ancora tali impostazioni attribuendogli una forza salvifica.
Ugualmente un artigiano, bottegaio o piccolo imprenditore, vessato dalle tasse o dalla crisi economica, viene affascinato dal concetto di libertà diffuso da un determinato settore politico adattandolo alle sue aspettative di una maggiore libertà di impresa (licenziamenti, minore certificazione e tassazione).
In sostanza, per l'elettore, i valori non sono univoci ma percepiti e trasformati in base alla posizione sociale (cultura, reddito) del soggetto. Per questo motivo una grande parte di elettori percepisce i valori, nei quali identificare l'espressione del voto, di volta in volta in modo diverso; non tanto per l'aspettativa che è l'unica variabile delle tre (bisogno, aspettativa, valori) soggetta alla minore oscillazione ma per quella forza di suggestione che prescinde dal logos (educazione/ragionamento) per affidarsi (come risposta al bisogno materiale o sociale) al pathos (emozione/sentimento).
Beppe Grillo è un attore satirico che da sempre, nei suoi spettacoli teatrali e televisivi, ha dissacrato le istituzioni, i comportamenti sociali e le ipocrisie (così come fece ai suoi tempi lo scrittore Max Nordau con Le menzogne convenzionali della nostra civiltà) conquistandosi una larga fetta di pubblico. Sceso in politica in un momento favorevole di anelito al cambiamento al limite della rottamazione (Matteo Renzi) o della rivoluzione sociale (Antonio Ingroia) ha saputo rastrellare l'elettorato degli arrabbiati (disoccupati, tartassati, marginalizzati) e quelle frange di cosiddetti disinformati che, navigando sulla Rete, hanno da sempre oscillato tra una visione ecologica (non supportata da un'esplicazione tecnologica concreta) e l'insoddisfazione sociale. Pertanto così come l'insuccesso di Antonio Ingroia è dovuto alla mancanza di una percezione consolidata di valori a sostegno della pacifica rivoluzione sociale attraverso le istituzioni, anche Grillo ha un elettorato effimero poiché le aspettative dei suoi fans non hanno risposta dalla percezione di un valore (credenza consolidata in una ideologia politica, economica o religiosa) che si realizza nel sociale in breve tempo.
Forse è questo il motivo per il quale i parlamentari grillini sono indottrinati come se fossero una setta religiosa o una confraternita di incappucciati o massoni: il capo li sta educando all'ideologia fantascientifica di Gianroberto Casaleggio. Ma una cosa sono i parlamentari  (eletti per un capriccio delle causalità favorevoli) e un'altra i cittadini confusi, arrabbiati e disinformati. La ruota gira per tutti, sono tramontate ideologie, spariti partiti e leader, profeti e affabulatori; il mondo sta cambiando rapidamente di pari passo con le scoperte della scienza. Cambieranno anche le istituzioni in conseguenza del mutamento degli stereotipi.